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Tags Archives: stresslavorocorrelato

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Affrontare il burnout professionale

In questo articolo imparerai a conoscere meglio cos’è il burnout professionale e otterrai degli strumenti pratici per migliorare il tuo benessere sul lavoro.

Bruciati dal lavoro: qualche dato bollente

Aumentano sempre di più in Italia le persone che dichiarano di avere sofferenze psicologiche correlate all’ambito lavorativo: secondo i dati raccolti da Inail, infatti, nel primo trimestre 2024 sono state oltre 22.000 le denunce di malattie professionali legate a disturbi psichici e comportamentali, con una crescita del 17,9% rispetto allo stesso periodo del 2023 (fonte dati: Inail.it).

Secondo invece il rapporto People at Work 2024 dell’ADP Research, il 64% dei lavoratori italiani segnala livelli elevati di stress, il dato più alto in Europa.

Questi dati rappresentano senza dubbio un campanello d’allarme che evidenzia la necessità di affrontare prontamente e con strumenti concreti, le sfide legate al benessere mentale dei lavoratori.

Infatti, le cause di disagio psicologico sul lavoro sono molteplici, e variano da persona a persona: il protrarsi nel tempo di situazioni di stress, può esitare talvolta nella cosiddetta sindrome da burnout.

Il Burnout: un fenomeno datato ma di recente riconoscimento

Una tipica reazione da stress che ha ricevuto particolare attenzione è il Burnout, una sindrome psicologica che il lavoratore può arrivare a

sperimentare come risultato di una esposizione prolungata a situazioni lavorative stressanti (Maslach, 1982).

Il Burnout però è stato ufficialmente riconosciuto nel 2019 come “fenomeno occupazionale” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed incluso nell’11 Edizione dell’ICD (International Classification of Diseases).

Questo fenomeno, che non viene classificato come una condizione medica, viene descritto all’interno dell’ICD, nel capitolo che tratta i “fattori che influenzano lo stato di salute o il contatto con i servizi sanitari) e viene concettualizzato come una sindrome derivante dallo stress cronico sul posto di lavoro, stress che non è stato gestito con successo.

La Sindrome da Burnout: come si svela

La sindrome da burnout professionale è definita prevalentemente da tre diverse dimensioni:

  1. Una sensazione di esaurimento, sia sul piano psicofisico che sul piano emotivo;
  2. Sentimenti di distacco, cinismo e disaffezione nei confronti dell’attività lavorativa;
  3. Sensazione di inefficacia professionale legata al sentirsi non in grado di contribuire efficacemente al lavoro.

Il Burnout è stato descritto per la prima volta agli inizi degli anni ’80, da parte di Maslach e Leiter, che lo associarono all’ambito delle professioni di aiuto.

Le cosiddette “helping professions”, ossia lavori che prevedono un rapporto a stretto contatto con l’utente/cliente, possono comportare un carico emotivo così elevato che può risultare difficile da gestire in

determinate circostanze e portare al graduale sviluppo di questa forma di esaurimento emotivo e psicofisico.

Ben presto però è stato chiaramente riconosciuto, come il Burnout possa essere l’esito di un processo di esaurimento delle condizioni di salute della persona, potenzialmente riscontrabile in ogni tipo di lavoro e non limitato alle professioni di aiuto (Demerouti et al, 2001).

Come intervenire su queste forme di stress estremo con la Terapia a Seduta Singola

La terapia a seduta singola (TSS) rappresenta senza dubbio un metodo elettivo, nell’ambito della consulenza psicologica o della psicoterapia, per intervenire efficacemente e in tempi brevi sulle diverse forme di stress correlate al lavoro.

Il primo vantaggio è quello di poter intervenire “al bisogno”, aiutando concretamente la persona ad affrontare efficacemente la situazione problematica, al fine di ripristinare, quanto prima, uno stato di benessere psicofisico.

Allo stesso tempo, la metodologia alla base della terapia a seduta singola, prevede la possibilità di poter lavorare su diversi obiettivi, nell’ambito di diverse sedute singole: questo potrebbe supportare la persona a cambiare il proprio modo di reagire alle situazioni stressanti sul lavoro, al fine di rimodulare le proprie risposte disfunzionali allo stress, riducendo con ciò la probabilità degli esiti negativi ad esse associati.

Quali i punti di forza della TSS nell’affrontare la sindrome da Burnout

1) Focus sul problema in termini operativi

Definire il problema in termini operativi, concreti e di funzionamento, è indispensabile per aiutare la persona prima di tutto a fare chiarezza sulla problematica presentata.

In caso di burnout, infatti, possono essere molteplici gli aspetti coinvolti nel funzionamento del problema, dal senso di esaurimento emotivo ed energetico, al negativismo, al sentimento di inefficacia.

2) Focus sull’obiettivo della seduta

Di fronte ad un pervasivo esaurimento emotivo e fisico, potrebbero essere diversi gli obiettivi su cui la persona potrebbe sentire il desiderio di lavorare.

Qualora emergano più obiettivi di lavoro un passaggio fondamentale nella TSS è quello di aiutare la persona a stabilire la priorità per ogni seduta. Questo rende efficace ed efficiente l’intervento in ogni seduta e concretizza la possibilità che la persona riesca a raggiungere l’obiettivo nell’ambito di quell’incontro.

La prioritizzazione è un intervento già di per sé estremamente ristrutturante perché consente alla persona di fare chiarezza e di lavorare su obiettivi specifici nell’ambito di ogni seduta singola.

3) Focus sulle risorse e sulle eccezioni

In situazioni di stress estremo, potrebbe essere molto difficile per la persona riuscire a rintracciare le proprie risorse personali e esterne.

La TSS aiuta la persona a focalizzarsi su situazioni in cui è riuscita a gestire efficacemente disagi e stress, anche al di fuori del contesto lavorativo, facendo emergere così le risorse.

Indagare la presenza di risorse esterne è altrettanto fondamentale al raggiungimento degli obiettivi di ripristino di una condizione di benessere psicofisico. Aiutare la persona ad intercettare la propria rete di sostegno, ovvero tutte quelle persone, quei collegamenti che potrebbero supportarla nella costruzione di strategie di superamento della situazione di stress.

Indagare la teoria del cambiamento del cliente aiuta la persona a focalizzare ciò di cui avrebbe bisogno in quel momento. E’ il punto da cui dovrebbe partire, per affrontare efficacemente il problema.

4) Focus sulle strategie disfunzionali di fronteggiamento della situazione di stress

Portare alla luce ed identificare le soluzioni e i tentativi che la persona ha già messo in atto per cercare di fronteggiare la situazione di stress è un altro passaggio fondamentale.

Aiutare la persona che vive una condizione di estremo esaurimento fisico ed emotivo a portare alla luce tutti quei comportamenti risolutivi solo in apparenza, ma in realtà estremamente disfunzionali.

Rappresenta un passaggio cruciale per l’interruzione o la riduzione di tutti quei che comportamenti che andrebbero interrotti, perché parte del problema o almeno, del suo mantenimento.

Considerando la crescita esponenziale dei fenomeni di stress sul lavoro, la terapia a seduta singola rappresenta un intervento senza dubbio efficace. Essa può aiutare a rispondere in maniera concreta e tempestiva al bisogno di benessere delle persone nei luoghi di lavoro.

Spesso un solo incontro si rivela risolutivo per aiutare la persona a fare chiarezza e ad acquisire quegli strumenti pratici di cui ha bisogno

per avviare il suo cambiamento: la porta, comunque, rimane sempre aperta.

Se senti il bisogno di un aiuto professionale, gli psicologi di OneSession.it ti offrono la possibilità di prenotare un primo colloquio gratuito. Per prenotare il tuo incontro, puoi inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)

Riferimenti bibliografici

Cannistrà F. & Piccirilli F. (2018). Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Firenze: Giunti Psychometrics S.r.l.

Demerouti, E., Bakker, A.B., Nachreiner, F. & Schaufeli, W.B. (2001). The job demands resources model of burnout, in Journal of Applied Psychology, 86, 3, pp 499-512

Fraccaroli, F. & Balducci, C. (2011). Stress e rischi psicosociali nelle organizzazioni. Bologna: Il Mulino

Maslach, C. (1982). Burnout: the cost of caring. New York: Prentice Hall

 

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Conflitti a lavoro? Collaborazione come strategia vincente.

Pensando al conflitto, l’immagine che ho avuto è stata il fungo atomico ad Hiroshima e Nagasaki.

Il mondo del lavoro può essere un campo di battaglia, con un effetto distruttivo, causato da un bombardamento, in questo caso emotivo, di rabbia e frustrazione.

Emozioni che montano sempre più nelle persone, che tra l’altro non si sono scelte e debbono convivere sotto lo stesso tetto lavorativo.

Una condivisione psicofisica che richiede energie non indifferenti, in uno spazio in cui regna spesso la competizione più che la collaborazione.

Affrontare discussioni

Affrontare una discussione genera molta tensione, ansia e paura di trovarsi di fronte a divergenze di opinioni.

Inoltre la conflittualità è valutata in modo negativo (non solo in ambito lavorativo), tanto da danneggiare spesso chi la attiva.

Per questi motivi difficilmente ci si espone nel manifestare conflitti e intavolare discussioni.

“La nostra mente evita di confrontarsi con ciò che ci minaccia. Il problema è che, facendo gli struzzi e non affrontando i problemi, si rischia di ingigantirli a dismisura dentro la nostra testa” (Rampin M. 2018).

In sostanza, tranne in pochi casi di pura ingiustizia o particolari patologie mentali, un conflitto nasce principalmente quando sorgono differenze e si ha difficoltà ad accordarsi. La mancanza di flessibilità e collaborazione diventa una delle cause dei conflitti relazionali e interiori.

A scapito della professionalità, si procrastina un confronto maturo, che offre possibili risoluzioni dei problemi e la prevenzione delle conseguenze del disaccordo.

Eppure i conflitti sono parte della vita, ed imparare ad affrontarli è necessario.

I conflitti sul lavoro

Quando il luogo di lavoro diventa costellato di conflittualità, si trasforma in un ambiente scomodo e disagiato. Uno spazio sociale in cui i conflitti interpersonali possono essere vissuti attaccando in modo evidente, o subdolamente, oppure in silenzio, sopportando e covando.

Entrambi i casi sono accompagnati da diffidenza, sguardi inaspriti od evitanti, pensieri frustranti, rimuginii, ansia e insoddisfazione, che spesso rimangono ancoràti nelle maglie emotive delle persone, tanto da essere portati anche a casa e permanere a lungo come effetti indesiderati.

Le conseguenze più comuni sono la riduzione della produttività, della qualità del lavoro e del benessere personale, con un aumento dello stress e del barn out.

Le manifestazioni psicofisiche e comportamentali che ne derivano, sono diverse e a vari livelli. Ad esempio:

  1. minore attenzione e concentrazione
  2. aumento del sospetto e di emozioni negative
  3. impazienza e inquietudine
  4. somatizzazioni: emicrania, mal di schiena, alterazione del sistema digestivo e del ritmo sonno-veglia
  5. isolamento, rottura dei rapporti ostili, abuso di ansiolitici e sostanze (cibo, alcol …)

Superare i conflitti

È possibile prevenire e trasformare un conflitto, in una condizione funzionale e utile?

Si, attivando la collaborazione e strategie per favorirla.

La Oxford Languages descrive il conflitto così: “contesa rimessa alla sorte delle armi, guerra; urto, contrasto, opposizione”.

Se il concetto di guerra lo abbiamo visto, è importante soffermarci un momento sulla parola opposizione, la quale non implica necessariamente incompatibilità.

Basti pensare alla capacità dei poli + e – di attrarsi e condividere spazi in equilibrio.

Ebbene, anche da differenti personalità, possono nascere condivisione e sinergia, dando vita a confronti ed opportunità, anche piccoli ma significativi.

Il “con-fronto” per definizione implica che ci si ponga uno difronte all’altro, in posizione opposta. Si può scegliere se attaccarsi o se cercare la risorsa per poter lavorare assieme, in un ambiente più favorevole per tutti.

Come si può agire la Collaborazione?

Alcuni suggerimenti.

  •  Focalizzate l’attenzione sulla persona e non sul problema relazionale.

Anche l’altro vive il conflitto e probabilmente è stanco quanto voi di questa situazione, ma forse non sa da dove partire per migliorarla. Ascoltatelo, potrebbe dire cose interessanti.

Nel confronto rimanete ancorati all’obiettivo di lavoro/argomento di cui vi state occupando, senza andare sul personale.

L’attacco alla persona genera solo muri di difesa, tensioni e rigidità sulle proprie convinzioni. E se l’altro lo fa con voi, allora in modo assertivo, fatelo presente.

  •  Abbiate perciò chiaro l’obiettivo.

Voglio “con-frontarmi” o prevalere sull’altro? Per risolvere un problema, è essenziale ascoltare l’altro e il suo punto di vista.

L’ascolto permette di focalizzarsi su ciò che dice, non dice e come lo dice. Se le emozioni sono “hot”, fermatevi. Prendetevi un momento.

  •  Dunque usate una comunicazione efficace ed empatica, e create un clima positivo.

Lasciate andare le provocazioni. Usate parole ben pesate, un tono di voce e un ritmo pacato, perché favoriscono il clima sereno, senza mai alzare l’indice come una spada da sguainare.

Partite con dei commenti positivi e con ciò che vi accomuna, per poi confrontarvi su ciò che vi differenzia. A volte l’autoironia spegne dardi infuocati, ma è bene evitare il cinismo.

Non lamentatevi e non parlate male di altri, rimanete sui fatti.

Abbiate un sincero interesse nella sua opinione, e fiducia che dal confronto potreste raggiungere un accordo comune, tale da favorire la collaborazione ed entrare in sinergia di idee e risorse.

Proponete una soluzione da rivedere assieme, ma non scegliete mai per l’altro.

  •  Valorizzate abilità e talenti di ognuno.
  •  Fate autocritica, per riconoscere cosa ostacola in voi la cooperazione.

In conclusione

Ricordate che essere differenti non significa essere per forza oppositivi e incompatibili, ma che si può scegliere di essere collaborativi.

Essere collaborativi, per creare un ambiente professionale più vivibile, aumentare e mantenere il proprio benessere e raggiungere obiettivi, non significa diventare amici.

È naturale che non ci piacciano tutti.

Ma certamente crescere nella capacità di collaborare, di gestire i conflitti e affrontare una discussione, significa fare un salto di qualità personale che si rifletterà in tutte le relazioni.

 

Se stai vivendo una situazione di conflittualità a lavoro, e vuoi ottenere un aiuto immediato, concreto e duraturo, chiedi aiuto a One Session!
Ti forniremo strumenti pratici e utilizzabili fin da subito per uscire da questa difficile situazione con le tue stesse risorse!

Ci trovi ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00. Prendi appuntamento scrivendo a info@onesession.it o contattandoci sulle nostre pagine Facebook e Instagram

 

Riferimenti bibliografici

Funes C. (2014), Come gestire i conflitti. Risolvere i contrasti al lavoro per migliorare la produttività. Ed. De Vecchi, Milano

Rampin M., Mattiolo G. (2018), Con occhi di tigre, Ed. Sperling & Kupfer, Milano

Hollweck I. (2016), Conflict coaching: Allenarsi ad affrontare i conflitti di tutti i giorni con maggiore fiducia, Ed. Franco Angeli, Milano

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Sindrome da corridoio: 3 consigli per uscirne

Con “Sindrome da corridoio” ci riferiamo a quella condizione in cui le persone non riescono a tenere distinte situazione lavorativa e vita privata. Questo genera elevato stress in entrambi gli ambienti.

Perché il nome “Sindrome da corridoio”?

Il corridoio è la parte della casa dove le varie stanze si affacciano, dove avvengono gli scambi tra un ambiente e l’altro.

Metaforicamente, può accadere che si crei un corridoio tra vita privata e lavoro.

In questo corridoio, non vi sono argini o confini che mantengono separati i vari ambiti.

Il corridoio può crearsi a livello mentale, quando i problemi lavorativi ci accompagnano anche a casa e viceversa, autoalimentandosi.

Può essere anche un problema di spazi fisici. Abbiamo visto come con l’arrivo della pandemia da Covid-19 tanti lavoratori abbiamo intrapreso la strada dello smartworking, e stiano ancora continuando così.

Questo ha portato ad avere fisicamente l’ufficio in casa, facendosi spazio nelle proprie aree relax, o sul tavolo della cucina, quando non in camera da letto.

Il rimanere fisicamente nello stesso ambiente per tutte le attività che dobbiamo svolgere durante la giornata, alimenta la fatica a distinguere quando una problematica o un evento stressogeno appartiene alla categoria “vita personale” o alla categoria “lavoro”.

Quali sono le conseguenze della sindrome da corridoio?

La sindrome da corridoio ha diverse conseguenze, a livello fisico, familiare e lavorativo.

A livello lavorativo produce un calo della produttività. Il fatto di non sapersi concentrare sulla mansione da portare a termine in quel momento perché preoccupato per problematiche domestiche incide indubbiamente sulla qualità del lavoro. Lavoro che, se non verrà svolto in un certo modo, sarà causa di malumori che sicuramente verranno riportati all’interno della famiglia, andando ad alimentare un circolo vizioso.

A livello familiare si inaspriranno le discussioni e le incomprensioni. Aumenteranno i vissuti di rabbia e frustrazione. Trovandoci in un corridoio, questi vissuti incideranno senza dubbio anche sul lavoro, aggiungendo altra legna al fuoco rispetto alla frustrazione lavorativa.

Infine, non sono da sottovalutare le conseguenze fisiche. La forte tensione creata dal bagaglio emotivo che non si riesce più a gestire può infatti rendere più vulnerabili ad incidenti ed infortuni.

Prevenire la sindrome da corridoio

La sindrome da corridoio non è quindi una problematica da sottovalutare.

Oggi vogliamo fornirti 3 consigli per riuscire a prevenirla.

1. Metti dei paletti tra vita privata e lavoro.

Questa è la forma di prevenzione più efficace che puoi attuare. Ottimizza ambienti e orari lavorativi. Chiudi quindi le porte che si affacciano sul corridoio. Per esempio, una volta terminato l’orario di lavoro, spegni il telefono aziendale, non controllare le mail.

2. Dedicati quotidianamente del tempo.

Individua delle attività che ti piacciono e ti rilassano e assicurati di dedicarvi un po’ di tempo giornalmente. Ti può essere utile metterle in agenda, per obbligarti a farle e non farti soffocare dal lavoro. Ne trarrai vantaggio in tutte le sfere della tua vita.

3. Tieni un diario.

La scrittura ha un grande potere terapeutico e, soprattutto nelle situazioni di stress, è una valida alleata per abbassare i livelli di frustrazione. Prenditi una decina di minuti al giorno per scrivere i tuoi pensieri, le tue sensazioni, il tuo stato fisico.

Se senti che non riesci a distinguere sfera privata e lavorativa e che questa cosa non ti permette di vivere la tua vita in modo soddisfacente, chiedi aiuto a One Session.

Siamo attivi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00 per aiutarti ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti e utilizzabili fin da subito per uscire grazie alle tue stesse risorse da questa situazione, anche dopo un unico incontro.

Contattaci a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram

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