
Insonnia: quando addormentarsi diventa un incubo
Se hai provato a contare le pecore e sei arrivato ad una cifra astronomica. Se hai provato con la camomilla e poi sei passato alle tisane dai gusti più improponibili. Se hai provato con la musica rilassante e per disperazione hai messo in pausa alla melodia che riproduceva il suono degli uccellini del bosco.
Se hai provato con tutti i prodotti che il tuo farmacista ti ha consigliato, ma invano.
Forse ciò che ti crea malessere è un disturbo del sonno e si chiama insonnia.
L’insonnia può essere occasionale, persistente o associata a concomitanti condizioni mediche o ad abuso di sostanze o alla presenza di disturbi mentali.
Le cause dell’insonnia occasionale, di cui ci occuperemo in questo articolo, possono essere legate ad un momento di stress, di preoccupazione o crisi che stiamo attraversando o anche ad un cambio di stagione o al jetleg.
Può dunque trattarsi di una fase transitoria che scompare all’improvviso così come è comparsa ma che comunque può creare dei fastidi a livello sia funzionale che emotivo.
A tutti noi sarà certamente capitata una notte insonne magari precedente ad un evento importante della nostra vita familiare, lavorativa o di studio che provocava eccitazione o ansia.
L’insonnia può interessare:
- difficoltà ad addormentarsi;
- risvegli frequenti con difficoltà a riaddormentarsi;
- risveglio precoce al mattino con problema a riaddormentarsi.
Quali conseguenze?
L’insonnia è di certo un disturbo le cui conseguenze e difficoltà hanno ripercussioni non solo nella fase notturna ma anche in quella diurna.
La mancanza di riposo e di sonno che ristora comportano conseguenze sul corpo e sulla mente.
Il non dormire in modo soddisfacente non consente la messa in carica e la messa in movimento delle energie necessarie ad affrontare le numerose ore di veglia.
Ore fatte di studio, lavoro, impegni e attività che richiedono un’attivazione corpo/mente profonda.
A prevalere saranno il senso di sonnolenza, la mancanza di concentrazione, l’irritabilità, il calo del tono dell’umore, la difficoltà di rendimento in ambito sociale, professionale, relazionale.
Differenti saranno poi anche i disagi fisici, quali emicrania, disturbi gastrointestinali, stati di tensione e agitazione motoria, senso di spossatezza, mancanza di forze.
Questi disturbi, seppure transitori, creano nella persona un disagio che condiziona in modo significativo le relazioni.
Come uscirne?
L’operatività e l’efficacia della terapia breve possono essere di grande aiuto per questo problema ma necessitano di un’attenta valutazione operativa.
Alcuni comportamenti e fattori possono mantenere l’insonnia, provocandola addirittura (a che ora si va a dormire, uso di caffeina o farmaci prima di andare a dormire etc.) .
Solitamente l’ansia di voler dormire e l’angoscia provocata dalla incapacità di farlo, già sperimentate nelle notti precedenti, creano uno stato di profonda frustrazione che va ad alimentare una sequenza di azioni e pensieri.
Sequenza che rafforza e mantiene il nostro problema.
Una profezia autoavverantesi, insomma. Non vi è dubbio infatti che negli esseri umani è presente una tendenza a cercare di confermare le proprie ipotesi. Questo fa si che la credenza crei la realtà.
Saresti pronto a rompere il meccanismo che ti porta a rimuginare su come e quando dovrai addormentarti?
La tua profezia può cambiare in positivo.
Potresti provare questa semplice tecnica che consiste nel trascrivere, prima di addormentarti o durante il risveglio, su un taccuino che accuratamente avrai scelto prima (forma, colore…) tutti quei pensieri che si presentano nella tua mente e che si inseguono senza fermarsi.
Scriverli per liberartene e alleggerire così la tua mente, trasformando la tua profezia in un rilassante “se vuoi, puoi”!
Riferimenti bibliografici
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5°) –Milano: Raffaello Cortina Editore
Attili G. (2002) – Introduzione alla psicologia sociale – Roma: Edizioni Seam

Come migliorare il rapporto con il tuo capo
Perché è importante avere relazioni serene nell’ambiente di lavoro?
Riuscire ad instaurare un rapporto soddisfacente con il proprio capo, e con i colleghi, è il desiderio di tantissime persone. Sul luogo di lavoro, infatti, è indispensabile poter contare su un ambiente tranquillo in cui poter lavorare con serenità. E’ ormai da diversi anni noto che, quando le persone si sentono tranquille e senza troppe pressioni addosso, il rendimento lavorativo e la soddisfazione personale aumentano!
Viceversa, un rapporto altalenante o scadente con il proprio superiore, può spesso essere collegato ad una soddisfazione minore verso il proprio lavoro, che può andare a ripercuotersi negativamente anche su altri ambiti di vita.
Qualche dritta per migliorare la situazione
Ottenere una relazione distesa con il capo può non essere un processo immediato, ma ecco qualche suggerimento per riuscire al meglio nella costruzione di rapporto nuovo e più sereno:
1. Sii proattivo
Se pensi di avere la soluzione per un problema, esponila! I suggerimenti, se dati con educazione e rispetto, faranno capire al tuo capo quanto tu sia dedito al lavoro e competente.
2. Presta attenzione alle scadenze
Anche se può essere difficile, soprattutto quando si è sommersi di lavoro, è molto importante rispettare le scadenze, perché sarà una prova formidabile della tua affidabilità.
3. Chiedi feedback
Quando te ne capita l’occasione, chiedere al capo dei feedback sul lavoro svolto ti farà apparire come una persona desiderosa di migliorarsi e fare bene il proprio lavoro. Non avere paura di eventuali riscontri negativi, se dovessero esserci saranno uno spunto per migliorare le tue prestazioni!
4. Ricorda che, oltre ad essere il tuo superiore, è una persona
Come tutti, anche il tuo capo avrà una vita fuori dall’ambiente lavorativo. Cercare di conoscerlo, mostrandoti autentico e rispettoso, potrebbe migliorare notevolmente il vostro rapporto!
Presta attenzione alla comunicazione
Un ultimo suggerimento per rendere il rapporto con il capo più sereno è quello di prestare molta attenzione alla comunicazione.
Il nostro modo di comunicare con gli altri è davvero importante, perché può influenzare direttamente la relazione con la persona che abbiamo davanti.
Quando si tratta di un superiore, è fondamentale adattarsi al suo stile comunicativo e al suo registro linguistico.
Cerca di mantenere questo stile anche nella comunicazione via e-mail, soprattutto se usate spesso questo strumento.
Inoltre, se possibile, cerca di prediligere gli scambi dal vivo a quelli telefonici o via e-mail, perché questi danno una possibilità maggiore di comprendersi e approfondire l’argomento di conversazione.
Riuscire a costruire un rapporto sereno con il proprio capo è possibile, anche se può richiedere qualche sforzo.
Tuttavia, l’impegno iniziale sarà ricompensato da un ambiente lavorativo più disteso, nel quale fare emergere le proprie competenze professionali.
E se credi di avere bisogno di un po’ di aiuto, la soluzione potrebbe essere chiedere aiuto ad un professionista, che ti aiuterà con un incontro di Terapia a Seduta Singola a trovare le risorse e comprendere come usarle per affrontare il problema.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola ogni martedì per un periodo limitato, dalle 18:00 alle 20:00 gli Psicologi e gli Psicoterapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri gratuiti aperti a tutti.
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Bibliografia
Cannistrà F., Piccirilli F. (2018), Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics
Sono una psicologa, mi occupo di sostegno psicologico attraverso l’uso della Terapia a Seduta Singola per poter aiutare le persone a risolvere i propri problemi in tempi brevi. Ricevo a Cosenza e On Line (Skype).

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Happy days. Ma anche no.
5 consigli per superare le feste in leggerezza
Di seguito alcuni semplici consigli:
Psicologa, laureata all’Università “La Sapienza” di Roma, mi sto formando come psicoterapeuta ad approccio Breve Sistemico-Strategico.
Lavoro da anni in Servizi rivolti a persone con disabilità e con disturbi psichiatrici, occupandomi di sostegno psicologico individuale, di coppia e alle famiglie, favorendo processi di crescita personale e la costruzione di percorsi volti a migliorare la qualità di vita.

Onicofagia: mangiarsi le unghie tra piacere e dolore
Le parole hanno una forma e una struttura, occupano uno spazio linguistico e culturale e rivestono un ruolo sociale. Ma le parole hanno anche e soprattutto un valore.
Possiamo leggere attraverso il linguaggio, il movimento e il pensiero di un’intera comunità.
L’etimologia, ha la straordinaria capacità di entrare nell’intimo delle parole in modo trasversale, percorrendone a fondo il significato.
Il termine onicofagia viene dal greco “òniks–ònykhos”, unghia e “phagia”, mangiare ed è il classico esempio di quando i suoni di una parola descrivono o suggeriscono l’oggetto o l’azione che significano.
Mangiare le unghie è un’abitudine molto diffusa tra le diverse fasce d’età e le diverse culture.
Tormento e piacere che possono andare avanti in maniera transitoria e senza conseguenze oppure per anni anche senza accorgersene, come riflesso incondizionato oppure ancora che possono minare la serenità e la socialità di un individuo totalmente dipendente da questo vizio-passione.
L’unghia, con la pellicina e la cuticola circostante, diventa l’oggetto di una violenza cronica che può essere attuata in momenti di stress o di eccitazione, oppure, nei momenti di noia o d’inattività.
È discutibile se l’onicofagia sia solo un’abitudine o ci sia qualche dinamica psicologica sottostante.
Cosa dice il DSM?
Nel Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM 5), l’onicofagia è classificata tra i disturbi ossessivo-compulsivi, che vedono la contemporaneità di ossessioni, vale a dire pensieri indesiderati e continui e di compulsioni, cioè comportamenti dettati dalla necessità di compiere una particolare azione.
Dal punto di vista medico, l’onicofagia ha delle manifestazioni fisiche particolarmente rilevanti; può causare dolore, sanguinamento, arrossamento.
È responsabile di infezioni batteriche o virali, di patologie dentali e può portare a lesioni gengivali, oltre a facilitare la diffusione d’infezioni alla bocca.
Dal punto di vista sociale ed estetico, vedere una mano con le unghie consumate o osservare una persona intenta a mangiucchiare, tirare, sputare o ingoiare unghie e cuticole, può dare fastidio e far pensare, nell’immaginario collettivo, ad un individuo che trova nella pratica del vizio un modo di gestire i propri stati emotivi.
L’onicofagia può avere cause di origine ambientale e\o biologica, come appunto stress, ansia, rabbia, noia o imitazione di altri membri della famiglia (es. genitori, fratelli etc.)
Come smettere?
Perché si può desiderare di smettere?
Potrebbe esserci la paura di sviluppare infezioni o la volontà, ad esempio, di avere un aspetto più curato e sano.
L’onicofagia può manifestarsi in forma lieve, media o grave.
Il trattamento più comune e ampiamente disponibile, prevede l’applicazione di uno smalto di sapore amaro, che scoraggia l’abitudine di mangiarsi le unghie; l’odore e il gusto sgradevoli ricorderanno all’onicofago di fermarsi ogni volta che porta le mani alla bocca.
Altri rimedi semplici ed immediati possono riguardare la cosmesi cioè il prendersi cura delle proprie mani, tenendo le unghie corte o ricostruendole.
Questi rimedi possono rivelarsi efficaci quando la manifestazione del problema avviene in forma lieve o media e può quindi essere gestita attraverso piccoli accorgimenti distraenti dall’azione.
Quando il problema si manifesta in forma grave sarà necessario concentrarsi sul cambiamento dei comportamenti, tenendo conto dei fattori emotivi che inducono l’abitudine (ansia, stress, rabbia, noia, tristezza).
Potrebbe essere necessario individuare un modo per scaricare il cumulo di stress e tensione repressi, per trarne un effetto positivo sul fisico e sulla mente.
Praticare una sana attività fisica è un buon modo per sfogarsi perché l’impegno fisico libera la mente ed allenta le tensioni (lunghe passeggiate, corsa, bicicletta, palestra…).
Lo sport potrebbe rivelarsi utile anche per combattere la noia e la tristezza.
Nei casi più gravi, l’onicofagia può assumere la connotazione di un atteggiamento autolesionistico, cioè un’espressione di aggressività rivolta verso se stessi e questo potrebbe richiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta .
Come smettere utilizzando la Terapia Breve?
Mangiarsi le unghie è un vero e proprio rituale inevitabile e irrefrenabile che viene eseguito per prevenire la propria realtà, oppure porre rimedio alle conseguenze negative di una propria azione o pensiero.
Si cerca dunque di controllare la realtà e si diviene schiavi di questo controllo.
Una vera e propria sequenza di pensiero e azione che consoliderà il disturbo nel tempo e che il terapeuta cercherà di interrompere utilizzando stratagemmi terapeutici che mirano a creare esperienze emozionali correttive capaci di agire sul sistema percettivo dell’individuo e di conseguenza sulla capacità di gestire un comportamento.
Le esperienze emozionali correttive sono le chiavi che il terapeuta aiuta il paziente a trovare per aprire nuove porte, dietro cui troverà nuove esperienze e nuove emozioni.
Obiettivo primario di questi stratagemmi terapeutici è quello di far divenire il comportamento volontario e non più compulsivo, in modo da:
- rendere la persona capace di controllare il disturbo ossessivo;
- far si che la persona possa decidere di rimandare la messa in atto del rituale;
- interrompere la sequenza percettivo-reattiva che consolida il disturbo nel tempo;
- privare il rituale del suo piacere evidenziandone la sgradevolezza attraverso il controllo su di esso e attraverso il doverlo mettere in atto obbligatoriamente.
Hai letto questo articolo tutto d’un fiato?
Hai tormentato le tue unghie facendolo?
Se ritieni di non riuscire da solo attraverso semplici e immediati rimedi a gestire questo vizio, non esitare a rivolgerti ad un professionista capace di guidarti verso nuovi scenari.
Bibliografia
Dettore D., Giaquinta N., Pozza A. (2019) – I disturbi da comportamenti focalizzati sul corpo – Firenze: Giunti Editore
Nardone G. (1993) – Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi – Firenze: Ponte delle grazie

STOP al lavoro: GODITI le vacanze!
“Basta, quest’anno voglio riposarmi in vacanza”
“Spengo il telefono e non voglio sentire nessuno”
“Se la caveranno anche senza di me”
Quane volte ti sarà capitato di dire queste parole, sperando di poter finalmente passare una vacanza senza portarti dietro l’ansia lavorativa?
E ogni volta puntualmente non sei riuscito nell’intento per il messaggino che è arrivato nel momento sbagliato, la chiamata a cui hai dovuto assolutamente rispondere o un email che ti sei scordato di inviare.
Succede! La vita è imprevedibile e non è facile tenere tutto sotto controllo, anzi: a volte è veramente impossibile. Più cerchi di mantenere il controllo e più lo perdi.
Inoltre, stabilire un periodo nel quale dovrai a tutti costi rilassarti, smettere di pensare al lavoro e stare meglio, renderà quel bisogno un imposizione a cui dovrai sottostare; quelle giornate dovranno essere “migliori delle altre”, proprio perché tu dovrai rilassarti.
Non trovi che sia stressante?
Lo stress di fine anno!
La vacanza è una pausa dalla solita routine: è uno spazio dedicato a “fare altro”, a spezzare i soliti schemi della tua giornata tipo, a uscire fuori dal contesto giornaliero per respirare un aria nuova e diversa.
La vacanza estiva giunge alla fine di un anno lavorativo con i suoi pro e i suoi contro ed è facile che ti porti a fare il bilancio annuale, valutando l’operato, gli errori, i miglioramenti, i cambiamenti, creando così uno stress mentale.
“Ho deciso, a settembre cambio vita”
“A settembre inizio la dieta”
“Appena torno dalle vacanze, giuro che mi organizzo le giornate e smetto di fare le cose di corsa”
Potrei continuare all’infinito con i buoni propositi.
Le opzioni sono tante, ma a stressarti è il ventaglio di scelte che hai davanti, l’ansia di doverle iniziare e non sapere da dove partire.
Sei un pesce che annaspa tentando di restare a galla e che, via via che si avvicina la fine delle vacanze, anneghi lentamente nel tuo mare di paure.
Stop!
Fermati e riorganizzati, affinché tu possa godere appieno dei benefici dell’estate e delle vacanze, ripartendo a settembre con più energia.
I consigli per l’estate!
Ci sono delle strategie che puoi adottare per ridurre lo stress, pensiero costante rispetto agli impegni, l’ansia del “mi devo riposare a tutti i costi” e la paura del ritorno imminente.
- Blocca i pensieri
Quando sopraggiunge il rimugino, il pensare al problema costantemente, tu non rispondere, non dargli adito ma bloccalo schioccando le dita, dicendo il tuo nome e tornando al momento presente. Ogni volta che arriva il pensiero ansioso, puoi schioccare le dita e dire: “Mario! Torna qui!”. Richiami la tua attenzione, rimproverandoti di assecondare l’ arrivo di quel pensiero ansioso.
Rimuginare è ormai un’ abitudine per te; la cosa più semplice che puoi fare è disinnescare questa abitudine. Visto che non puoi interrompere il rimuginare sul problema che ti assilla, perchè quando arriva arriva, puoi agire proprio sul rimuginare, interrompendolo con lo schiocco delle dita.
- Organizza il tuo tempo prima della vacanza
Puoi ricorrere a una semplice to do list, che ti aiuti a sfoltire le incombenze prima di partire per le vacanze:
- Scegli uno strumento che ti aiuti a pianificare le attività, come una agenda.
- Compila la tua to-do list.
- Fai una lista di 6 punti massimo.
- Definisci il tempo che vuoi dedicare ad ogni attività.
- Differenzia le attività importanti da quelle urgenti.
- Svolta un’attività, cancellala.
- Definisci i tuoi obiettivi alla fine della vacanza.
Quando sei di ritorno dalle vacanze, prendi un foglio di carta e scrivi gli obiettivi che vuoi raggiungere e che ti sei prefissato per il nuovo anno lavorativo, senza esagerare.
Per ogni area della tua vita (professionale, personale, economica e lavorativa) individua un solo obbiettivo. Non strafare.
L’obiettivo deve essere:
- Specifico: “Voglio allenarmi 3 volte a settimana “
- Misurabile: deve essere possibile valutare i miglioramenti. “Voglio allenarmi 3 volte a settimana ” è misurabile perche ti permette di valutare i risultati che raggiungi.
- Raggiungibile: il tuo obiettivo deve essere fattibile. Dire ” voglio allenarmi 3 volte a settimana ” e poi essere consapevoli di non avere il tempo, i soldi, la voglia etc, non è un obiettivo raggiungibile. Devi tenere conto delle tue reali possibilità e ridimensionare l’ obiettivo in base a queste.
- Realistico: stabilisci un obiettivo che sia reale. “Voglio diventare campionessa olimpionica di salto con l’ asta ” non è realistico nel momento in cui non hai intrapreso quella carriera o “Voglio viaggiare nello spazio ” non è possibile, se non sei un astronauta.
- Temporalizzabile: stabilisci il giusto tempo per il tuo obiettivo. Considera il tempo che ti serve per realizzarlo in ogni suo aspetto e definisci un tempo di scadenza. Non lasciare che cada in prescrizione.
Se pensi di stressarti troppo in vacanza e di pensare al lavoro, puoi mettere in atto queste strategie.
Se hai bisogno di un aiuto più concreto, puoi contattare uno psicologo formato in terapia a Seduta Singola che può aiutarti anche con un singolo incontro.
Vai sul sito https://www.onesession.it/, cerca il terapeuta più vicino a te ( scegliendolo anche online).
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Bibliografia:
https://www.riza.it/psicologia/ansia/4320/ansia-in-ferie-cosi-te-ne-liberi.html
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita

Gestire lo stress e tornare a stare bene sul posto di lavoro: come si fa? Ecco alcuni suggerimenti e strategie per fronteggiarlo!
Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo ed in realtà non possiamo evitare lo stress. Quello che possiamo fare, però, è riconoscerlo e gestirlo in modo efficace, cercando di trarne vantaggio, imparando i suoi meccanismi di funzionamento e adattando la propria filosofia di vita ad esso.
Ma procediamo con ordine.
Innanzitutto, che cos’è lo stress lavoro-correlato?
Sicuramente la maggior parte di voi potrà darne una definizione soprattutto in termini di sintomi: mal di testa, cattivo umore, difficoltà a concentrarsi, stanchezza cronica…
In letteratura, si definisce stress lavoro-correlato quella condizione che si verifica “nel momento in cui le richieste provenienti dall’ambiente lavorativo superano le capacità dell’individuo nel fronteggiare le richieste stesse”.
In Europa questa condizione sembra riguardare almeno un lavoratore su quattro e una delle conseguenze più negative per le aziende è l’assenteismo che provoca ritardi nello svolgimento quotidiano delle mansioni e ovviamente perdite economiche importanti.
Uno studio dell’Università Bocconi di Milano ha messo in risalto come per le donne, lo stress sia anche maggiore rispetto agli uomini: infatti, lo stress viene intensificato dall’esigenza di dover gestire la propria professione e la famiglia.
Quali sono i sintomi dello stress lavoro-correlato?
I sintomi possono essere di varia natura, ma per semplicità possiamo suddividerli in 4 grandi categorie:
- Fisici: mal di pancia, mal di testa, problemi dermatologici, difficoltà a prendere sonno e/o dormire, disturbi nella sfera sessuale, crisi respiratorie.
- Comportamentali: insicurezza, pressione, abbassamento dell’autostima, impazienza, impulsività, insicurezza, isolamento, aumento del consumo di sigarette o caffè durante il giorno.
- Lavorativi: assenteismo, infortuni, conflitti nelle relazioni lavorative, scarso rendimento nelle attività, problemi disciplinari.
- Psicologici: ansia, difficoltà di concentrazione, scarsa attenzione, umore depresso, attacchi di panico, crisi di pianto, stanchezza cronica, sensazione di avere la testa pensante o vuota.
Sicuramente una persona che soffre di stress lavoro-correlato avrà sperimentato o sta sperimentando questi sintomi, arrivando a pensare di essere inadeguata, sbagliata e pensare di dover lasciare il lavoro perché incapace.
Cosa fare per fronteggiarlo?
Per cominciare, potresti riflettere su questi punti:
Quali sono le cose che ti fanno più arrabbiare o agitare? Che cosa ti rende ansioso/a?
Rispondere a queste due domande ti può aiutare a focalizzare il problema e permetterti di restringere il campo rispetto a ciò che temi o che ti innervosisce.
Quando esci dall’ufficio sei in grado di lasciare lì i problemi?
Molto spesso, se non si riescono a lasciare le difficoltà lavorative fuori dalla porta di casa, può crearsi un corridoio pericoloso che fa circolare i problemi da lavoro a casa e viceversa, andando ad inquinare tutti e due gli ambienti. Un suggerimento è quello di trovare un gesto, un rituale, un’abitudine da fare prima di entrare in macchina dopo il lavoro o prima di entrare a casa, che ti permetta di percepire un distacco fra un ambiente e l’altro; come un segnale che ti faccia capire che stai chiudendo con la giornata lavorativa e stai passando ad altro. Come ogni buon training, deve essere ripetuto per un po’ prima che funzioni.
È davvero il luogo di lavoro a renderti nervoso/a?
Oppure scarichi in quell’ambiente la tensione che accumulo nella tua vita personale? Se così fosse, il problema non sarebbe collegato al lavoro, ma piuttosto a problematiche private.
Se ti rendi conto che il lavoro ti sta creando uno stress intollerabile e delle problematiche eccessive e, da solo, non riesci ad uscire da questa situazione, ti consiglio di consultare uno Psicologo.
Infatti, soprattutto con il metodo della Terapia a Seduta Singola (TSS), anche dopo il primo incontro potrai sperimentare concreti benefici ed essere un passo più vicino alla soluzione del problema ed al benessere.
Il segreto è ampliare la consapevolezza, riconoscere i comportamenti disfunzionali e dannosi ed agire con più ampie possibilità di scelta, così da poter trasformare i momenti difficili e critici in occasioni di crescita individuale, relazionale e lavorativa.
Non esitare quindi a contattare uno dei terapeuti formati in Terapia a Seduta Singola cercando sul nostro sito www.onesession.it, il terapeuta più vicino a te e più adatto alle tue esigenze.
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Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.