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Tags Archives: ossessioni

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Come superare la tricotillomania

La tricotillomania consiste nello strapparsi peli e capelli nelle diverse parti del corpo.

È un disturbo altamente invalidante, che incide in maniera evidente sull’immagine della persona e, di conseguenza, sulla sua socialità.

In questo articolo cercheremo di descrivere in breve in cosa consiste questo disturbo e come la terapia breve può aiutarti a superarlo.

Un Disturbo Ossessivo-Compulsivo

La tricotillomania è un disturbo caratterizzato dal bisogno irrefrenabile ed incontrollabile di strapparsi peli e capelli dalle diverse parti del nostro corpo.

Nonostante possa colpire a qualunque età è maggiormente frequente nei bambini e negli adolescenti.

Per queste sue caratteristiche specifiche, in aggiunta alla ritualità ed alla ripetitività del comportamento tricotillomanico, nel DSM-5 è stato inserito tra i “disturbi ossessivo-compulsivi”, invece che nei “disturbi del controllo degli impulsi” come nel DSM-IV-TR.

La tricotillomania può interessare qualsiasi parte del corpo dove siano presenti peli o capelli, anche se generalmente le zone più colpite sono cuoio capelluto e viso, per la presenza di capelli, ciglia e sopracciglia.

Il comportamento è messo in atto generalmente da soli, anche mentre si compiono azioni semplici come guardare la televisione o leggere un libro, ma generalmente è preceduto da un alto livello di tensione interna.

A volte la persona è consapevole di cosa sta facendo ma, il più delle volte, è un comportamento inconsapevole e messo in atto in modo automatico.

Cause, insorgenza e conseguenze della tricotillomania

Non sono state chiarite le cause del disturbo, ma sono stati identificati alcuni fattori di rischio:

  • fattori genetici,
  • ansia e stress prolungati
  • eventi stressanti acuti
  • Comorbidità psichiatriche

Nonostante questo disturbo possa colpire a qualunque età, alcuni studi hanno evidenziato come l’insorgenza avvenga generalmente nell’infanzia e il picco d’incidenza nei bambini si collochi tra i 2 ed i 6 anni, anche se in questa fase i sintomi possono essere transitori.

Quando invece i sintomi compaiono in adolescenza o pre-adolescenza il disturbo tende ad emergere in concomitanza con i passaggi critici dell’età ed essere più pervasivo e duraturo nel tempo.

Le conseguenze di questo disturbo possono essere diverse e di diversa entità.

Riguardano in generale la perdita di capelli, infiammazioni e dermatiti e, in presenza di tricofagia, ovvero di ingestione dei peli dopo averli strappati, può portare alla creazione di bezoari che possono bloccare le funzioni gastrointestinali.

Tuttavia le conseguenze più d’impatto di questo disturbo si evidenziano a livello sociale. La persona arriva spesso a vergognarsi del proprio aspetto fisico, soprattutto se i danni riguardano i capelli e l’alopecia in particolare, e questo porta a limitare le uscite sociali e all’autoisolamento.

Le terapie brevi per la tricotillomania

Il percorso terapeutico ha il duplice intento di bloccare il comportamento autolesivo e di portare la persona a gestire in maniera più efficace lo stress.

Bloccare il comportamento tipico di questo disturbo è difficile. Soprattutto perché lo strapparsi peli e capelli può trasformarsi da un qualcosa di doloroso in qualcosa di piacevole.

Questo è un meccanismo tipico di tutti i comportamenti di automutilazione: metterli in atto può portare ad avere un piacevole sollievo da sensazioni dolorose e distrae da situazioni stressanti o pensieri ossessivi. Bloccare comportamenti che, anche procurando un danno, hanno l’effetto di farci stare bene è difficile e impegnativo.

Tra le strategie più efficaci in questi casi ci sono le tecniche paradossali, ossia delle tecniche, tipiche della psicologia strategica, nelle quali è il sintomo stesso che viene utilizzato per mandare in cortocircuito il disturbo.

In particolare nei casi tricotillomania si usa la “ritualizzazione del rituale”: si chiede alla persona di mettersi di fronte ad uno specchio tutti i giorni, ad un orario stabilito e di strapparsi peli o capelli per quindici minuti.

Anche se sembra una richiesta illogica risulta efficace perché:

  • permette alla persona di riprendere il controllo sull’irrefrenabilità della compulsione,
  • dà un contenitore di spazio-tempo nel quale concentrare il comportamento, liberando il resto del tempo e creando spazio per azioni positive,
  • crea avversione verso il comportamento di piacere perché è legato alla costrizione di doverlo fare seguendo delle regole esterne.

Generalmente questa strategia permette di ridurre il sintomo fino ad eliminarlo in breve tempo.

In alcuni casi può bastare anche una sola seduta per modificare drasticamente in positivo la situazione.

Se senti il bisogno di un aiuto professionale per questo momento delicato, contatta OneSession!

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare le nostre pagine Facebook e Instagram

Riferimenti bibliografici

Nardone G. (1993), Paura panico fobie. Ponte alle Grazie.
Nardone G. (2004), Il dialogo strategico. Ponte alle Grazie.
Nardone G., Portelli C., (2013), Ossessioni compulsioni manie. Ponte alle Grazie.

www.lostudiodellopsicologo.it/strapparsi-i-peli

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La Terapia a Seduta Singola per il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Seguendo i manuali di Psicologia il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è definito come:

«un disturbo caratterizzato da ossessioni e/o compulsioni.» (Giorgio Nardone)

In particolare nel DSM-5 ossessioni le compulsioni vengono così specificate:

Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti spesso come intrusivi e indesiderati, e che possono causare ansia o disagio. Spesso la persona tenta di ignorarli o scacciarli, e a volte lo fa con altri pensieri, formule mentali o azioni: in questo caso si parla di “compulsioni”.

Le compulsioni sono dei comportamenti ripetitivi di qualunque genere (lavarsi, riordinare, controllare ecc.) oppure delle azioni mentali (pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in determinate circostanze.

Questi rituali tipici del Disturbo Ossessivo Compulsivo sono involontari, inevitabili e irrefrenabili e possono avere tre scopi principali:

  1. Preventivi, per evitare un evento negativo.
  2. Propiziatori, per far avverare un evento desiderato.
  3. Riparatori, per sistemare una situazione problematica.

Così la mente viene racchiusa in una trappola sulla base di presupposti logici insindacabili che “non puoi smettere di mettere in pratica perché ti senti obbligato a farlo”.

Le ossessioni e le compulsioni tipiche del Disturbo Ossessivo Compulsivo sono estremizzate e ripetute nel tempo e portano alla messa in atto di comportamenti stereotipati.

Come possono aiutarti le Terapie Brevi

Le Terapie Brevi hanno sviluppato delle strategie molto efficaci per combattere il Disturbo Ossessivo Compulsivo.

Il nucleo centrale del problema consiste nel fatto che si cerca di bloccare in maniera razionale un qualcosa che è invece del tutto irrazionale.

Questi comportamenti danno un iniziale senso di sollievo alla persona, senza tuttavia soddisfarla completamente e si vengono così a classificare come tentate soluzioni disfunzionali, ossia come soluzioni che, dopo un iniziale effetto positivo, hanno un definitivo e sostanziale effetto negativo.

Il risultato è che i rituali che vengono messi in atto e che avrebbero il compito di gestire e fermare i pensieri intrusivi e ossessivi, hanno in realtà l’effetto di sostenere il problema stesso e spesso peggiorarlo.

Le terapie brevi, attraverso delle strategie concrete, puntano a creare dei contro-rituali basati sulle stesse logiche che sorreggono il problema, rendendole nulle.

La persona è così in grado di superare i normali percorsi razionali arrivando alla risoluzione del Disturbo Ossessivo Compulsivo.

Come risolvere il Disturbo Ossessivo Compulsivo con la Terapia a Seduta Singola

Così come esistono diversi tipi di terapie brevi, esistono diversi tipi di intervento per il Disturbo Ossessivo Compulsivo.

In particolar modo la Terapia a Seduta Singola, con il suo agire concreto e focalizzato, ha dimostrato una notevole efficacia di intervento sia nel breve che nel lungo periodo.

Le strategie messe in atto hanno il duplice scopo da un lato di bloccare le Tentate Soluzioni Disfunzionali e, dall’altro, di massimizzare l’efficacia di ogni azione.

Evitare di parlare continuamente del problema, smettere di evitare le situazioni che mettono a disagio, identificare le risorse personali in grado di posticipare la compulsione. Sono solo alcune delle possibili strategie che possono aiutare la persona a limitare inizialmente e poi estinguere le proprie compulsioni.

Iniziare dalla cosa più semplice, fare la più piccola azione possibile, identificare il proprio obiettivo concreto e stabilire i passi necessari per raggiungerlo. Sono invece alcune delle strategie in grado di aumentare l’efficacia dell’agire della persona.

Conclusioni

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è considerato uno dei disturbi più ostici, tuttavia anni di esperienza ci dicono che le terapie brevi hanno dimostrato una notevole efficacia nel suo trattamento anche in poche sedute.

In particolar modo la Terapia a Seduta Singola può essere uno strumento molto efficace per ridimensionare il disturbo in maniera netta e duratura.

Ovviamente ogni disturbo ha la sua peculiarità e la sua complessità, ma è proprio la duttilità di questo modello il suo punto di forza. Uno psicologo formato in Terapia a Seduta Singola può aiutarti ad identificare i tuoi obiettivi e, nel contempo, utilizzare le tue risorse per valutare le strategie pratiche più adatte alla tua situazione.

Se pensi di aver bisogno di un aiuto professionale, puoi rivolgerti a un professionista del One Session Center.

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare le nostre pagine Facebook e Instagram

Riferimenti bibliografici

Gingerich, W.T. & Peterson, L.T. (2013). Effectiveness of solution-focused brief therapy: a systematic qualitative review of controlled outcome studies. Research on Social Work Practice, 23(3), 266-283.

Frankl, V. (1975). Paradoxical intention and dereflection. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, Vol 12(3), 226-237.

Nardone, G. & Portelli, C. (2011). Ossessioni, Compulsioni, Manie. Milano: Ponte alle Grazie.

Mancini F. (a cura di) (2016). La mente ossessiva. Curare il Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Milano: Raffaello Cortina Editore

https://www.lostudiodellopsicologo.it/disturbi/terapia-disturbo-ossessivo-compulsivo/ (Consultato in data 14/07/2022)

https://www.lostudiodellopsicologo.it/ossessioni/le-3-forme-di-disturbo-ossessivo-compulsivo/ (Consultato in data 14/07/2022)

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Perfezionismo: è una risorsa o una trappola?

Il perfezionismo è una risorsa o una trappola? Essere persone precise, può rivelarsi sicuramente una risorsa. Ma l’eccesso di controllo, come vedremo in questo articolo, porta a perdere il controllo, rivelandosi una trappola.

Precisione e perfezione

Essere precisi, cercare di non lasciare le cose al caso, è sicuramente un atteggiamento apprezzabile. Permette di eseguire i compiti della nostra quotidianità con un certo impegno. Fa sì che non ci accontentiamo della mediocrità. Ci fa anche risparmiare energie, perché la precisione ci permette di vivere in maniera più ordinata, permettendoci di gestire il nostro spazio e il nostro tempo in maniera agile.

C’è chi però non si accontenta della precisione. Vuole la perfezione.

La perfezione è l’eccesso della precisione. E, lasciatemelo dire, è una condizione irrealistica.

Perfezionismo patologico

Questa ricerca assidua di perfezione può diventare causa di molta ansia: a mano a mano ci si renderà conto che esiste una perfezione ancora più perfetta e ci si andrà alla ricerca, senza mai porvi una fine.

I compiti portati a termine non saranno più fonte di gratificazione, ma pretesto per rimproverarsi. Farà capolino la paura di sbagliare, di fallire. La quotidianità diventerà fonte di forte stress.

Uno degli esiti è lo sviluppo del disturbo ossessivo – compulsivo.

Mantenere la precisione grazie all’imperfezione

Per poter mantenere il bello della precisione e non cadere nello stress dell’imperfezione, la cosa migliore da fare è “immunizzarsi” all’imperfezione. Creare, attraverso un allenamento graduale, una sorta di abituazione al fatto che la vita è imperfetta e non tutto può essere sempre sotto il nostro controllo.

Come fare?

Prenditi l’impegno quotidiano di mantenere una piccola imperfezione nelle tue attività. Imperfezione che, paradossalmente, sarà totalmente sotto il tuo controllo!

Sei abituato a pretendere il 100% in quello che fai? Lascia volontariamente incompleto il tuo compito del 10% e sperimenta quello che succede.

L’allenamento costante ti permetterà di rimanere una persona precisa, pur nell’imperfezione di questo mondo!

Se senti il bisogno di un aiuto professionale, contatta One Session!

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

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Riferimenti bibliografici

Cannistrà, F., Piccirilli, (2018), Terapia a seduta singola. Principi e pratiche. Giunti Psychometrics

Nardone G. (2013), Psicotrappole. Firenze: Ponte alle Grazie

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Pensieri ossessivi: come liberarsene?

I pensieri ossessivi sono pensieri ricorrenti, rimuginii continui, frequenti ed invasivi.

Hai presente quando ti dicono: smettila di pensarci, rischi di farla diventare un’ossessione?

Ecco. Non siamo molto lontani dalla realtà di chi, come te, si è accorto di avere pensieri costanti che invadono la mente e la occupano per un tempo decisamente eccessivo.

Si tratta di pensieri ossessivi e se accompagnati anche da compulsioni, potrebbero far parte di un quadro più ampio di DOC, un Disturbo ossessivo compulsivo!

Di che stiamo parlando esattamente?

 Ti spiego un po’ meglio quello a cui mi sto riferendo, senza che i spaventi e inizia a pensare che il tuo rimuginare continuo sia a tutti gli effetti un’ossessione.

Ce ne essa di acqua sotto di ponti, però è bene conoscere la differenza.

Il pensiero ossessivo viene definito come “l’irrefrenabile bisogno di mettere in atto pensieri in modo ripetitivo e ritualizzato, sovrastando ogni altra attività” (Nardone, 2013)

Le ossessioni sono pensieri o immagini ripetuti e costanti che invadono la mente e che percepisci come intrusive e fastidiose ma cui non sei in grado di resistere. Ci pensi costantemente, occupando la maggior parte del tuo tempo (paura dello sporco, fare del male agli altri, l’ordine, paura della morte…)

Ciò a cui devi fare attenzione è che ciò che distingue un semplice rimugino da un pensiero ossessivo è il fatto che invalida il tuo funzionamento negli ambiti di vita, occupando tutto il tuo tempo. Sono immagini intrusive e cicliche a cui se rispondi non riesci a sottrarti.

Cosa fai per risolvere il problema?

  1. Eviti ciò che ti spaventa: evitare la paura non la risolverà; al contrario incrementerà la tua convinzione di non essere in grado di superare quell’ostacolo. Più eviti e più eviterai.
  2. Cerchi rassicurazioni: chiedi aiuto a chi ti sta vicino perché da solo non pensi di farcela oppure ti lamenti di ciò che non va con chi ti sta intorno. Eppure anche in questo caso, sono sicura che il chiedere aiuto e rassicurazione non ha funzionato. Sbaglio?
  3. Rispondi al pensiero: rispondi a pensieri che non hanno risposta, ma un infinità di risposte possibili. Scateni così un circolo vizioso in cui rimani intrappolato.

Cosa puoi fare di diverso?

  • Frena le richieste di aiuto!

Ogni volta che chiedi aiuto confermi a te stesso da un lato che sei circondato da persone che ti vogliono bene, dall’altro  di non essere in grado di farcela, che non sei capace e il tuo senso di efficacia diminuisce.

Pensa che ogni volta che chiedi aiuto ricevi questo duplice messaggio.

  • Basta evitare: più eviti e più confermi a te stesso la pericolosità della situazione e di non essere in grado di affrontarla.

So che smettere da un giorno all’altro di evitare certe cose sembra impossibile, ma il consiglio è questo: comincia dalla cosa più piccola, facendo il primo piccolo passo.

  • Schiocca le dita: ogni volta che senti arrivare il pensiero, anziché dargli corda, schiocca le dita e grida a gran voce il tuo nome accompagnato dal “torna qui” – Beatrice, torna qui- Riporta la tua mente al qui e ora, lasciando andare il pensiero intrusivo.

Ci vorrà un po’ affinché tu abbia successo perché rimuginare per te è diventata un abitudine.

Non puoi smettere di pensare, ma puoi smettere di rimuginare, schioccando le dita.

Ti faranno male le dita all’inizio e soprattutto lo farai più volte del necessario perché il pensiero sarà li pronto a tormentarti. Inoltre spesso capiterà che te lo dimentichi; non importa, fallo appena riesci.

Pensi di non farcela?

Puoi ottenere un aiuto immediato, concreto e duraturo, rivolgendoti a One Session!
Ti forniremo strumenti pratici e utilizzabili fin da subito per uscire da questa difficile situazione con le tue stesse risorse!

Ci trovi ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00. Prendi appuntamento scrivendo a info@onesession.it o contattandoci sulle nostre pagine Facebook e Instagram

 

Riferimenti bibliografici

Bartoletti, A (2019). Pensieri Brutti e Cattivi. Ossessioni tabù: come superarli. Francoangeli.

Nardone, G. Portelli, C. (2013). Ossessioni, Compulsioni, Mani. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte delle grazie.

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Come prendere una decisione?

Ti sei mai chiesto come prendere una decisione?

Prendere decisioni è qualcosa che tutti fanno e hanno fatto nella vita, eppure questo non lo rende più facile.

C’è chi ha paura delle conseguenze.

Chi si trova a dover scegliere tra opzioni ugualmente positive o, peggio, ugualmente negative.

E infine c’è chi, dovendo prendere una decisione, si trova in una situazione talmente complessa da non riuscire a capire che cosa vuole davvero.

Le possibilità sono pressoché infinite.

Ma allora cosa possiamo fare? Come si può prendere una decisione?

Facciamo un po’ di chiarezza

La prima cosa da fare è distinguere tra decisioni difficili, decisioni critiche e decisioni complesse.

Le decisioni difficili sono quelle che, oltre ai ricercati risultati positivi, comportano anche delle conseguenze negative.

La difficoltà della scelta, in questo caso, è data proprio dalle emozioni suscitate da queste conseguenze indirette.

Le decisioni critiche sono, invece, quelle in cui ci si trova di fronte a diverse possibilità, tutte positive o negative, e la difficoltà consiste proprio nel capire quale sia la scelta più vantaggiosa, o, nel secondo caso, la meno svantaggiosa!

Infine le decisioni complesse sono quelle che comportano molteplici ragionamenti logici ed organizzativi.

In questi casi è proprio l’intricato processo del ragionamento che rischia di intrappolare la persona in un labirinto d’interrogativi, in cui ogni risposta porta una nuova domanda.

Quindi, cosa fare?

La prima cosa da fare è identificare ed evitare tutti quei comportamenti che, se in un primo momento sembrano aiutarci nel decidere, in realtà poi ci rinchiudono in un labirinto di dubbi e continue domande.

Per esempio, come abbiamo detto, quando ci si trova di fronte ad una decisione difficile, la difficoltà è data dalle conseguenze indirette della scelta e, in particolare, dalle emozioni che queste fanno emergere.

Uno degli errori più comuni, in questi casi, è il tentativo di controllare il processo decisionale, che porterà la persona a cercare di controllare anche gli eventi e le persone coinvolte, spesso in modo ossessivo.

Un tentativo che risulterà fallimentare perché si scontrerà, inevitabilmente, con l’oggettiva difficoltà di poter controllare tutto e tutti, portando la persona a cadere preda dei dubbi e dell’incertezza.

Diversamente, invece, di fronte ad una decisione critica, la difficoltà è quella di capire quale azione sia la più vantaggiosa tra i vari scenari positivi possibili.

In questi casi l’errore comune porta la persona a ripercorrere ripetutamente tutte le fasi del processo decisionale con il rischio innescare un circolo vizioso, in cui si ricontrolla compulsivamente ogni passaggio, senza mai arrivare a prendere una decisione.

Nell’ultimo caso, infine, di fronte ad una decisione complessa la difficoltà è data proprio dal districarsi nei ragionamenti logici.

In queste situazioni il soggetto è portato a ricercare continue spiegazioni e valutazioni oggettive, con il rischio di ritrovarsi invischiati in una compulsione mentale che genera continui dubbi sulla validità della decisione presa.

Il tentativo di controllo ossessivo, la revisione compulsiva ed il rimuginio continuo sono i tre comportamenti disfunzionali che rischiano di intrappolarci in un labirinto di domande e dubbi dal quale può essere difficile uscire.

Conclusioni

Identificare il tipo di decisione da prendere e le tentate soluzioni disfunzionali ti permetterà di gestire il processo decisionale in maniera più serena e ti eviterà di cadere nei tranelli tipici di queste situazioni.

Qualunque sia la tua scelta, infine, ricorda che nessuna è definitiva e che ci sarà sempre modo di modificare il tuo percorso di vita.

Ovviamente, se pensi di aver bisogno di un aiuto maggiore, puoi rivolgerti ad uno specialista o accedere al servizio del One Session Center, ogni martedì sera dalle 18:00 alle 20:00, contattandoci alla pagina facebook OneSession.it

Riferimenti bibliografici

Bohart, A. C. & Tallman, K. (1999). How Clients Make Therapy Work: The Process of Active Self-Healing. Washington, DC: American Psychological Association.

Nardone, G. (2014). La paura delle decisioni. Come costruire il coraggio di scegliere per sé e per gli altri. Milano: Ponte alle Grazie.

Nardone, G., De Santis, C. (2011). Cogito ergo soffro. Quando pensare troppo fa male. Milano: Ponte alle Grazie

Nardone G.(2014). La paura di decidere. Milano. Ponte alle Grazie

https://www.lostudiodellopsicologo.it/ossessioni/come-smettere-di-pensare-e-prendere-una-decisione/ (Consultato in data 09/09/2021)

https://www.lostudiodellopsicologo.it/ossessioni/quando-laltro-ha-gia-deciso-prendere-decisioni-importanti-a-fronte-delle-decisioni-altrui/ (Consultato in data 09/09/2021)

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Sono omosessuale? Il dubbio ossessivo di essere gay

Oggi sappiamo che l’omosessualità è semplicemente una variante non patologica della sessualità umana.

Ma sappiamo anche che non esiste un modo univoco di essere gay o lesbica.

I confini si fanno ancora più complessi se si pensa alle tendenze bisessuali o asessuali.

In una situazione così variegata, come capire qual è il proprio orientamento?

Orientamento e identità sessuale

Iniziamo con il dire che l’orientamento sessuale è una caratteristica tendenzialmente stabile che indica verso chi è diretta l’attrazione sessuale.

 

  • Verso le persone dell’altro sesso (eterosessualità)
  • Verso le persone dello stesso sesso (omosessualità)
  • Verso le persone di entrambi i sessi (bisessualità)
  • Verso nessuno (asessualità)

 

Diversamente, l’identità sessuale è l’ esperienza psicologica del proprio orientamento sessuale vissuta come componente della propria identità.

Se l’identità definisce chi siamo e ci consente di rispondere alla domanda “ Chi sono io?”, l’identità sessuale ci permette di rispondere alla domanda “Chi mi piace? Da chi sono attratto?” e definirci in base a questo.

Quando orientamento ed identità sessuale sono riconosciuti ed accettati, la persona vive, in maniera più o meno serena, la propria sessualità.

Quando questi due aspetti non sono “allineati” la persona può sentirsi confusa e disorientata, fino ad avere dei dubbi profondi sulla propria identità.

Il pensiero ossessivo

Nonostante gli enormi progressi fatti dalla società, spesso l’eterosessualità è considerata ancora come l’unico orientamento “normale”.

L’omosessualità è ritenuta una condizione negativa, spesso soggetta a pregiudizi e discriminazioni.

Questa immagine sociale può essere interiorizzata dalla persona e condizionare, in modo più o meno evidente e consapevole, pensieri e atteggiamenti.

Così, magari partendo da un evento da nulla, uno sguardo o un pensiero avuto in passato, il dubbio s’insinua. Inizia a girarti in testa lo stesso pensiero ossessivo: sono gay?

Scopri che la domanda “Come capire se sono gay?” è una delle più digitate sul motore di ricerca Google.

C’è addirittura una guida di Wikihow su come capire se sei gay o, ancora peggio, come capire se lo è un tuo amico.

Consigli, suggerimenti e osservazioni che, più che chiarirti le idee, ti confondono e rendono le tue certezze sempre più insicure e vacillanti.

Quella che era una semplice domanda fatta per conoscerti e capirti, diventa un pensiero ossessivo che mette in dubbio la tua stessa identità!

Ma allora qual è il problema e come faccio ad uscirne?

Nel momento in cui ti domandi ripetutamente “Come faccio ad essere sicuro di non essere gay?” potresti essere finito in una dinamica di pensiero ossessivo.

Dinamica molto lontana dalla fase di scoperta della tua identità sessuale.

Questo non vuol dire che i tuoi dubbi non vadano ascoltati. Spesso il problema non è se sei gay o meno, ma il pensiero ossessivo legato all’idea che hai della sessualità stessa.

La prima cosa da fare in questi casi è smettere di metterti alla prova: basta ricerche su internet, video informativi o articoli che propongono le soluzioni più disparate.

Tutto questo non fa altro che alimentare il pensiero ossessivo, rinforzando i dubbi e confondendoti la mente.

La sessualità non è una questione di bianco e nero e il logorio del pensiero ossessivo ci fa costruire un labirinto mentale nel quale possiamo solo perderci.

Inizia a dar pace ai tuoi pensieri e smetti di cercare forzatamente delle risposte che spesso servono solo ad accrescere dubbi ed incertezze, senza fare alcuna chiarezza.

Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto.

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

 

Riferimenti Bibliografici

https://nicolanardelli.it/psicologo/identita-e-orientamento-sessuale (consultato in data 02/06/2021)

https://www.lostudiodellopsicologo.it/ossessioni/come-capire-se-sono-gay/ (consultato in data 02/06/2021)

Nardone G. (2011), Cogito ergo soffro. Firenze: Ponte alle Grazie.

 

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Rimuginare: Come smettere di avere pensieri fissi e invadenti?

Rimuginare: che cosa significa?

Rimuginare significa pensare in modo ciclico e ripetitivo agli stessi pensieri. Spesso il contenuto di questi pensieri è triste e focalizzato sui problemi.

La nostra mente funziona come un risolutore di problemi quando si trova ad affrontare problemi logici.

Se ad esempio mi si rompe la macchina e rischio di arrivare in ritardo a lavoro la mia mente elaborerà la situazione. Dopo di che cercherà di individuare l’alternativa che mi permetterà di arrivare a lavoro nel minor tempo possibile.

Purtroppo non tutti i problemi hanno una soluzione logica, spesso ci troviamo ad affrontare disagi legati al mondo emotivo che non possono essere risolti con del semplice problem solving.

In questi casi la convinzione che rimuginare possa esserci utile in qualche modo per risolvere il problema può farci restare focalizzati su di esso. Inoltre con il passare del tempo questo processo potrebbe diventare un’abitudine che ci porterà ad avere sempre i soliti pensieri fissi che monopolizzano la nostra quotidianità.

Eventi di vita particolarmente stressanti possono aumentare la possibilità di innescare pensieri fissi e ricorrenti negativi.

La rimuginazione è anche molto frequente nelle persone che hanno tratti di personalità come il nevroticismo e il perfezionismo.

Le conseguenze della rimuginazione

La rimuginazione può essere pericolosa per il nostro benessere psicologico e può aumentare il rischio di sviluppare problematiche psicopatologiche.

Le ricerche ci suggeriscono che rimuginare ossessivamente è associato a sintomi depressivi e ansiosi. Più il nostro benessere diminuisce, più la tendenza a rimuginare aumenta. Si genererà perciò una sorta di circolo vizioso che alimenta il problema e rende sempre più difficile interromperlo.

Molte persone per placare il disagio crescente scaturito da pensieri fissi e invadenti finiscono per cercare di “automedicarsi,” utilizzando strategie disfunzionali come il consumo eccessivo di alcool e droghe.

I pensieri fissi rendono anche più difficile avere un sonno regolare. Infatti è piuttosto difficile dormire e spegnere il cervello quando continua ad essere focalizzato sull’attività di rimuginazione.

Come smettere di rimuginare

Dopo esserci soffermati sulle conseguenze negative della rimuginazione, cerchiamo di capire come possiamo fare per non alimentare questo meccanismo.

Esistono molti modi per affrontare questo problema e la Terapia a Seduta Singola può essere molto utile nell’aiutarti a individuare delle strategie efficaci.

Vediamo insieme alcuni consigli che puoi provare a mettere in atto fin da subito.

1. Impara a distinguere tra rimuginazione e problem solving

Molte persone hanno la convinzione che ripensare continuamente a una situazione problematica possa essere utile per risolverla. In realtà rimuginazione e problem solving sono processi diversi.

A differenza del problem solving, quando rimuginiamo continuiamo semplicemente a ripensare alla situazione senza cercare di elaborare un piano per risolverla.

Perciò se ti rendi conto che i tuoi pensieri fissi non ti stanno portando da nessuna parte, chiediti se effettivamente continuare a rimuginare possa essere utile in qualche modo a risolvere il problema.

Spesso ti renderai conto che continuare a ripensare non ti porta a nessuna soluzione. In questi casi anche semplicemente prendere atto del fatto che stai rimuginando, può essere un passo utile per ridurre questo processo.

2. Crea un kit di distrazione

Le ricerche suggeriscono che in molti casi anche semplicemente distrarsi per pochi minuti può aiutare a ridurre la tendenza a rimuginare. Perciò individua 2 o 3 attività da mettere in atto ogni volta che ti rendi conto di iniziare a rimuginare.

Scegli attività semplici che puoi eseguire in qualsiasi momento e luogo: scrivere, leggere, ascoltare musica, o qualsiasi altra cosa possa funzionare per te.

Una volta che avrai individuato 2 o 3 attività avrai il tuo kit di distrazione pronto all’uso ogni volta che ne hai bisogno.

3. Ritagliati del tempo per rimuginare

Ogni giorno prenditi 20 minuti per chiuderti in una stanza, possibilmente dove puoi essere comodo e nessuno ti disturberà. Imposta il timer della sveglia a 20 minuti.

In questi 20 minuti sforzati il più possibile di portare alla mente tutti quei pensieri invadenti che arrivano durante il giorno. In questi 20 minuti qualsiasi cosa succeda non interrompere l’esercizio fino al suono della sveglia.

Questo esercizio potrebbe sembrare controintuitivo, ma in realtà se eseguito correttamente è molto efficace.

4. Chiedi un supporto psicologico

In alcuni casi i pensieri fissi possono diventare un’importante fonte di malessere e chiedere un supporto psicologico potrebbe essere la scelta migliore.

Per questo, ogni martedì dalle 18:00 alle 20:00, gli psicologi del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri online gratuiti utilizzando la Terapia a Seduta Singola. Per avere maggiori informazioni e prenotare il tuo incontro, puoi contattarci inviando una e-mail a info@onesession.it oppure visitala nostra pagina Fb OneSession.it.

 

Bibliografia

Dorthe K. T. et al. (2003). Rumination—relationship with negative mood and sleep quality.

Personality and Individual Differences, 34(7), 1293-1301. https://doi.org/10.1016/S0191-8869(02)00120-4.

Law, B. M. (2005). Probing the depression-rumination cycle. Monitor on Psychology, 36(10). http://www.apa.org/monitor/nov05/cycle (consultato in data 08/04/2021).

Michl, L. C. et al. (2013). Rumination as a mechanism linking stressful life events to symptoms of depression and anxiety: longitudinal evidence in early adolescents and adults. Journal of abnormal psychology, 122(2), 339–352. https://doi.org/10.1037/a0031994.

 

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