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Category Archives: Altro

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2 settimane ago Altro

Modelli di famiglia: la famiglia sacrificante

Nell’articolo di oggi parleremo della famiglia sacrificante, uno dei modelli di famiglia largamente diffuso.

La famiglia è un cardine fondamentale della nostra società ed è spesso oggetto di attenzioni da parte dei media e sui social, dal momento che investe gran parte della vita di ogni individuo. Esistono dei modelli di famiglia che altro non sono che letture dei copioni più ricorrenti nello stile di educazione genitoriale. Sebbene ogni genitore possa portare diversi modi di interagire con i figli, col tempo alcuni comportamenti, dinamiche e giochi comunicativi finiscono per cristallizzarsi e caratterizzare il tipo di interazione tra i componenti della famiglia.

Molte di queste modalità di interazione possono risultare in alcune occasioni congrue con l’idea che si ha di famiglia ma l’irrigidirsi di certi meccanismi può risultare disfunzionale nel tempo e comportare delle conseguenze per la crescita dei figli.

In questo articolo abbiamo già parlato di uno stile genitoriale iperprotettivo e di come questo possa comportare dei rischi nello sviluppo psicologico dei figli.

Nelle famiglie sacrificanti, il valore del sacrificio assume un significato importante per tutti i membri che ne fanno parte, sebbene abbia un risvolto diverso per i genitori e per i figli. Di solito infatti si tratta di uno stile orientato al sacrificio da parte dei genitori, i quali abdicano ai loro desideri in favore del benessere dei figli. Vediamo in che modo.

Tratti distintivi dei genitori sacrificanti

Il genitore sacrificante sposa un modello di vita basato sul sacrificio per far sì che i figli abbiano soddisfazioni e un futuro positivo. A differenza del modello iperprotettivo però, in queste famiglie i genitori manifestano continuamente la fatica e le rinunce che stanno facendo aspettandosi di venire un giorno ricompensati dai successi che i figli otterranno grazie ai sacrifici fatti da loro.

Spesso si innesca in tal senso una specie di ricatto emotivo, dove il genitore assume un atteggiamento vittimistico quando il figlio non riconosce il sacrificio da lui fatto e il figlio finisce per passare come un egoista. L’ambivalenza del messaggio “lo faccio per te, quindi impegnati” insinua un debito e l’esigenza di doversi dimostrare all’altezza dell’aiuto (spesso non richiesto).

Obblighi e rinunce sono quindi comportamenti visti in modo positivo dai genitori, per i quali l’imperativo è dare, dare, dare per il benessere della famiglia. Questo messaggio di “dovere” permea l’intero nucleo familiare, dove il piacere e le soddisfazioni sono invece messi da parte e visti come una trasgressione o vissuti con senso di colpa.

Può accadere che nella coppia di genitori solo uno abbia questo atteggiamento: in questo caso anche il partner può essere oggetto di questo altruismo non richiesto e la felicità degli altri membri riveste un’importanza esagerata per il genitore sacrificante, che diventa la colonna portante su cui regge l’intera famiglia (molto spesso si tratta della mamma).

A prescindere da chi veste il ruolo sacrificante, la narrazione che risulta in queste famiglie è che l’amore passa attraverso il sacrificio: solo dando sarò accettato dagli altri e in virtù del sacrificio che faccio otterrò l’affetto dei familiari.

I rischi di uno stile sacrificante

Come accennavamo, la relazione di questi genitori con i figli è basata su un altruismo insano che genera malcontenti da entrambe le parti. Da una parte il genitore non vede riconosciute le sue fatiche e privazioni e di conseguenza si arrabbia e accusa i figli di ingratitudine. Oppure usa lunghi silenzi come forma di comunicazione passivo-aggressiva, stabilendo a conti fatti una posizione di superiorità facendo sentire gli altri in debito o in colpa.

Dall’altra parte i figli vivono in un clima di costante tensione. Piuttosto che apprezzare gli sforzi e i sacrifici dei genitori, finiscono per rifiutare o addirittura accusare i genitori del loro scontento. Non di rado possono nascere veri e propri episodi di violenza da parte dei figli nei confronti dei genitori.

La mancanza di piacere e divertimento contribuisce inoltre a mantenere un clima non proprio allegro e spesso i figli esortano i genitori a uscire di più, a viaggiare, a divertirsi ma questo è inammissibile o rimandato a un futuro lontano quando i figli avranno ottenuto quel benessere per il quale si lavora sodo.

Può accadere anche che il figlio accetti il modello sacrificante e lo faccia proprio. In questo caso troviamo figli che si impegnano molto nello studio o nella professione, che accantonano i divertimenti e le uscite con gli amici per aiutare i genitori o fare qualcosa di utile per la famiglia, adottando di fatto il modello che gli viene trasmesso.

I figli di queste famiglie possono sviluppare diverse problematiche psicologiche, sia di tipo sociale. Possono sviluppare difficoltà di inserimento e conseguente ritiro sociale, sia condotte violente e devianti, sia disturbi alimentari, depressione ed episodi psicotici (Nardone et al. 2012).

Come uscire dal modello sacrificante

Come spesso accade, sono proprio le azioni fatte con buone intenzioni che, reiterate nel tempo, mantengono il problema. Così anche per questi genitori, è importante capire che dare questo aiuto incondizionato attraverso il sacrificio non favorisce la realizzazione personale dei figli. Al contrario, può inibire completamente le loro capacità. “Lo faccio io per te” è la modalità di aiuto che molto spesso genera e alimenta dubbi sulle proprie abilità e disconferma le potenzialità nell’altro. Sentendosi deresponsabilizzato, il bambino può chiedere continue conferme o scoraggiarsi.

Bloccando al contrario questo atteggiamento sacrificante si dà al figlio la possibilità di realizzarsi e responsabilizzarsi, perché sollevato dal peso delle rinunce e delle fatiche che i genitori gli hanno addossato.

E’ fondamentale modificare in tal senso anche lo stile comunicativo e i messaggi che si trasmettono ai figli e disinnescare quel gioco di debiti e ricatti che si è instaurato nel tempo.

Se pensi di non riuscire a gestire da solo questo aspetto dell’essere genitori puoi rivolgerti a un professionista del One Session Center (clicca qui), con il quale trovare nuove strategie per uscire dai problemi che vivi in famiglia.

Riferimenti bibliografici

Bartoletti, A. (2013). Lo studente strategico: come risolvere rapidamente i problemi di studio. Ponte alle Grazie.

Nardone, G., Giannotti, E., & Rocchi, R. (2012). Modelli di famiglia. Ponte alle Grazie.

Thomas, G. (1994). Genitori efficaci. Ed. La Meridiana.

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Come trovare il lavoro dei sogni

Esiste il lavoro dei sogni? Come fare a trovarlo?

I sogni sono degli obiettivi che hanno bisogno di essere concretizzati…

altrimenti rimangono sogni!

Alla ricerca del lavoro dei sogni

La ricerca di un lavoro, o meglio la ricerca del lavoro che risponde alle nostre aspirazioni, alle nostre passioni, è un obiettivo senza dubbio sfidante. Il suo raggiungimento necessita di un forte mix di motivazione, forza di volontà, autodeterminazione e, soprattutto, la capacità di gestire in maniera efficace un piano d’azione appositamente definito.

La strada per trovare il lavoro dei sogni è infatti un percorso lungo il quale possono incontrarsi ostacoli di vario genere e che potrebbero, in determinati momenti, far sprofondare la persona in uno stato di sconforto e di scarsa fiducia nelle proprie capacità di riuscita.

La ricerca del lavoro desiderato non è un percorso privo di ostacoli….

Pensiamo ai momenti inevitabili di stallo, a chiamate per colloqui che non arrivano o a colloqui che vanno in un modo diverso da quello che ci eravamo aspettati.

Tutto questo potrebbe facilmente portare la persona, che già sta vivendo un momento di vulnerabilità, a pensare che non ne valga la pena, che tanto le cose non cambieranno nonostante tutti gli sforzi possibili.

Il lavoro, oltre a garantirci una sicurezza economica, è anche e soprattutto una fonte di benessere e di equilibrio psicologico e sociale.

La sua mancanza, al contrario, incide profondamente sulla nostra autostima e sul senso di efficacia personale. Non riuscire a provvedere a sé stessi, o peggio ancora alla propria famiglia, possono alimentare l’insorgere di un senso di profonda inadeguatezza. Questo può alimentare credenze circa la propria incapacità, il fatto di essere dei buoni a nulla, degli/delle sfortunat/e o peggio ancora che non ci meritiamo nulla di buono.

Il tempo: una risorsa preziosa per trovare il proprio lavoro desiderato

Un aspetto che spesso si tende a sottovalutare è l’utilizzo della risorsa tempo. In realtà, la gestione efficace e produttiva della risorsa tempo diventa uno dei più importanti elementi di riuscita del proprio progetto professionale di ricerca del lavoro desiderato.

Come riuscire allora a rendere produttivo il proprio progetto professionale di ricerca del lavoro desiderato? Di seguito propongo alcune tips e approfondimenti utili per non lasciare nulla al caso, che ti aiuteranno a gestire efficacemente il tempo dedicato alla ricerca del lavoro desiderato.

Alcune tips utili per una ricerca efficiente ed efficace

  • Chiarisci i tuoi valori professionali, il perché vuoi fare proprio quel lavoro, perché è importante per te.
  • Definisci un obiettivo “ben formato”. Un obiettivo ben formato dovrebbe innanzitutto essere espresso in positivo (Voglio trovare il lavoro che desidero vs Non voglio più essere disoccupato), dovrebbe essere concreto (che lavoro voglio cercare? Quali caratteristiche deve avere?), essere realistico (in relazione alle mie possibilità e alle possibilità dell’ambiente di riferimento), essere ecologico (i costi non devono superare i benefici) ed infine, essere misurabile (ovvero è fondamentale stabilire una timeline di azione).
  • Fai un’analisi delle tue competenze. Cosa hai fatto fino ad oggi, quali sono i tuoi punti di forza a livello di skills e quali sono invece le capacità che potresti migliorare per rendere più accattivante e più competitiva la tua presentazione.
  • Stabilisci delle priorità. Quali sono per te, in questo momento, gli aspetti più importanti, quelli che per te sono un punto fermo nella ricerca di un lavoro (la retribuzione, l’area geografica, l’inquadramento professionale etc)?
  • Lavora sul tuo atteggiamento che deve essere positivo, proattivo e orientato al risultato.
  • Costruisci una strategia di comunicazione efficace e, in generale, allinea tutti gli strumenti di comunicazione (profili social, LinkedIn, Facebook…..lettera di presentazione)che devono essere coerenti, gradevoli, focalizzati e funzionali all’obiettivo.
  • Definisci un piano d’azione e mettilo subito in pratica. La metodicità è un fattore molto importante che ha una forte influenza in percorsi come quello della ricerca del lavoro. Crea dei micro-obiettivi e cerca di perseguirli ogni giorno (questo ti aiuterà anche ad evitare la tendenza a procrastinare).
  • Non buttarti a caso, la tua comunicazione deve essere sempre coerente e strategica rispetto al tuo obiettivo. Fai piuttosto un’analisi di mercato e seleziona i target che potrebbero essere potenzialmente in linea con il tuo profilo professionale.
  • Lavora anche sul tuo network personale: vecchi amici e conoscenze (reali!) che possono contribuire con un utile apporto e con utili informazioni per la causa.
  • Lavora sui momenti di tristezza e di scoramento: sono naturali ed inevitabili ma potrebbero essere la vera chiave del tuo cambiamento.
  • Sii curioso/a di sperimentarti anche in qualcosa di alternativo/diverso dalle tue competenze: potresti riscoprirti appassionato/a e particolarmente bravo/a in qualcosa che mai avresti immaginato.

Hai bisogno di un aiuto in più?

In caso di necessità, puoi far riferimento anche ad un professionista del settore dell’orientamento professionale. Potrà supportarti con gli strumenti giusti, nella definizione del tuo obiettivo professionale e nella preparazione di un piano d’azione.

 

Bibliografia di riferimento

 

Tucciarelli, M. (2014), Coaching e sviluppo delle soft skills, Editrice La Scuola

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4 settimane ago Altro

Prendere una decisione con la Terapia a Seduta Singola

“Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure”

Nelson Mandela

Quanto è difficile prendere una decisione?

Prendere una decisione nella propria vita, per alcune persone potrebbe essere un’esperienza stimolante e divertente: il solo fatto di avere di fronte un ventaglio di possibilità può stimolare la nostra curiosità e renderci entusiasti. In questo caso, la scelta viene fatta a cuor leggero, senza starci a pensare troppo su.

Per altre persone invece, prendere una decisione può essere qualcosa di estremamente pesante, difficile e stressante: orientarsi in un mare di possibilità potrebbe farci affondare in un baratro di incertezza, da cui può essere difficile emergere. Questo non solo quando si ha a che fare con scelte importanti (es. cambiare lavoro, comprare o no quella casa, perdonare o meno un torto subito…) ma anche le scelte apparentemente più semplici possono diventare motivo di forte angoscia. Si può andare in crisi per decidere che cosa indossare al mattino, cosa mettere in una valigia o ancora cosa ordinare al ristorante. Così facendo, in un battibaleno quello che avrebbe potuto essere un atto di libertà, può diventare la nostra peggiore prigione.

Ti riconosci in queste parole? Se stai affrontando male le tue prese di decisioni e non sai come venirne a capo, ti do una buona notizia: con la Terapia a Seduta Singola è possibile riuscire in una sola seduta a sbloccarti e aiutarti a vederci più chiaro. Se vuoi sapere come fare, continua la lettura di questo articolo!

Che cosa fa una persona incastrata nell’indecisione?

Ci sono diverse azioni che possono essere messe in atto nel tentativo di uscire dalla confusione che si prova, con la speranza di stare meglio e prendere la decisione che tanto cerchiamo. Spesso però proprio questi comportamenti diventano delle “trappole” che finiscono per ancorarci al problema, invece che aiutarci ad uscirne. Vediamone alcune:

  1. Chiedere aiuto ad altre persone e far decidere loro al posto nostro.
    Diciamocelo: quando si è in crisi, spesso si sente il bisogno di andare da qualcuno di fidato a chiedere un consiglio, un aiuto nel prendere la propria decisione. Se siamo fortunati e possiamo effettivamente contare sul supporto di amici o parenti, senz’altro così avremo l’impressione di aver risolto quel problema. “Ok faccio così perché me lo ha detto X”. Questo aiuto chiesto e ottenuto, tuttavia, se ci pensiamo ci dà due messaggi contraddittori: il primo, è che gli altri ci vogliono bene e sono sempre pronti ad aiutarci. Ma il secondo, è che senza di loro effettivamente non possiamo farcela.
  2. Arrovellarsi sul problema.

    Avete mai visto un vortice? Fa impressione se ci pensiamo: è come una spirale infinita che si aggroviglia su se stessa e gira, gira, gira senza fine. E più gira, più sembra farsi più profonda, forte e nera. I pensieri, talvolta, possono prendere un po’ la stessa forma: invece di andare in una direzione, si aggrovigliano in un loop senza fine.

    Nel prendere una decisione può apparire un misterioso compagno: il dubbio. Si presenta subdolamente sotto forma di una prima domanda, a cui ingenuamente diamo una risposta.
    Ma la risposta, genera un’altra domanda e via così. Solitamente ci incastriamo a pensare che a suon di risposte, si darà un senso alle domande e tutto sarà chiaro. Ma se invece il problema non fossero le risposte, ma le domande? Siamo sicuri che tutte le domande possano effettivamente avere delle risposte? Ed esistono risposte intelligenti a domande stupide? (ps. lo vedi il vortice?)

  3. Procrastinare. Quando proprio non riusciamo a prendere una decisione, un altro modo per provare ad uscirne è quello di rimandare la presa di decisione stessa: “Non lo so, ci pensiamo domani.” “Poi vediamo” “Oggi no, ma prima o poi lo faccio”.

    Ti è mai capitato di reagire così di fronte ad una decisione da dover prendere? Anche qui, questo comportamento ci aiuta a sentirci meglio nell’immediato e abbassa la tensione interna, ma è destinato a durare poco: rimandare una presa di decisione non farà altro che ingigantirla sempre di più e il rischio è quello di restare bloccati senza avere il coraggio di affrontarla.

Che cosa possiamo fare di diverso, invece, per prendere una decisione?

Ti propongo un esperimento curioso ma che potrebbe aiutarti ad affrontare questa difficoltà. La prossima volta che devi prendere una decisione, scegli di affidarti ad una monetina.

Prendi una moneta tra le mani e osservala attentamente: scegli il significato da dare a ciascuno dei suoi lati (ad esempio: lato A: andare al mare; lato B: andare in montagna). Una volta fatto, mettila nel palmo della mano, chiudi le dita e con un gesto deciso lanciala in aria: guardala quando raggiunge il punto più alto e in quel momento pensa a cosa vorresti che uscisse. Raccogli poi la monetina e guarda da quale lato è caduta.

Potrai sorprenderti nello scoprire che:

  • scegliendo i significati dei lati della monetina e affidando al caso la tua scelta, potrai sentire una maggiore chiarezza dentro di te su quello che realmente vuoi di più. Magari, sceglierai di non lanciare quella monetina, ma di essere finalmente tu a decidere.
  • al momento del lancio, potresti sentire forte e chiara la speranza che esca proprio quello che desideri di più. Ascoltando le tue emozioni, capirai subito qual è la scelta davvero giusta per te.
  • non proverai nulla di tutto questo, ma avrai comunque preso la decisione di affidare al caso la risoluzione del tuo dubbio. E così facendo, finalmente avrai una direzione da seguire.

Prova e fammi sapere nei commenti se questo esperimento ti è stato utile.

Nota bene: puoi provare a sperimentare questo metodo su scelte semplici di vita quotidiana; se ti trovi invece alle prese con una decisione davvero difficile per te e non riesci ad uscirne, puoi sempre chiedere una consulenza agli Psicologi di One session.it: puoi inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)

Riferimenti bibliografici

Jaffé, M. E., Reutner, L., & Greifeneder, R. (2019). Catalyzing decisions: How a coin flip strengthens affective reactions. PloS one, 14(8), e0220736. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0220736

Nardone, G., & De Santis, G. (2011). Cogito ergo soffro: Quando pensare troppo fa male. Ponte alle Grazie.

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1 mese ago Altro

Smettere di procrastinare: i primi passi

Come smettere di procrastinare? In questo articolo scoprirai le principali paure che stanno alla base della procrastinazione, ma soprattutto troverai alcuni suggerimenti utili per iniziare a smettere!

“Mai rimandare a domani ciò che puoi fare benissimo dopodomani.”

“Lo faccio domani, ora mi rilasso un momento.”

“Devo prima pianificare nel dettaglio e poi lo farò.”

“È meglio farlo quando mi sentirò ispirato o dell’umore giusto.”

“Quando mi sentirò sicuro allora mi butterò.”

Ognuno di noi si sarà detto almeno una volta una di queste frasi, sperimentando di fatto la procrastinazione in qualche ambito della propria vita.

Tutti quanti rimandiamo spesso azioni o cose da fare, ma quando la procrastinazione diventa un’abitudine regolare, allora nascono problemi che possono compromettere la qualità della nostra vita. Scadenze mancate, bollette non pagate, la casa in disordine, progetti lasciati a metà. In realtà la procrastinazione può toccare non solo aspetti organizzativi, ma anche sfere più importanti della nostra vita. Ad esempio succede di rimandare anche il momento di dormire, magari continuando a guardare quella serie in tv o scorrendo il cellulare sui social e questo può influenzare la qualità del sonno. Si può procrastinare anche in amore, rimandando all’infinito una decisione da prendere o una conversazione da fare.

La procrastinazione inoltre può riguardare sia iniziare una nuova attività, sia proseguirla, sia concluderla.

Procrastinare è molto facile, ma ciò non vuol dire che sia sano e funzionale.

Questo problema può avere conseguenze di cui non siamo neanche consapevoli: forte stress, ansia, pensieri di autosvalutazione, senso di colpa, insonnia, difficoltà a concentrarsi e sensazione di essere sopraffatti.

Spesso ci sembra di essere pieni di impegni e occupati ma in realtà stiamo solo facendo le cose più facili, evitando di fare quelle più faticose ma che avrebbero esiti più importanti per noi. Altre volte non troviamo la motivazione ad iniziare una nuova attività programmata, altre ancora rincorriamo la condizione ideale per poterla fare. Il procrastinatore seriale è come uno scalatore che vorrebbe raggiungere la vetta della montagna ma con uno zaino pieno di sassi.

Perchè procrastiniamo?

Se davvero capita a tutti o quasi di rimandare dei compiti, come mai lo facciamo tanto spesso? E come mai ci succede non solo per le attività più noiose ma anche per quelle a cui teniamo di più?

In qualche modo procrastinare vuol dire auto-sabotarsi, darsi la zappa sui piedi, eppure è qualcosa più forte di noi. Il più delle volte infatti siamo consapevoli delle conseguenze a cui andremo incontro rimandando le nostre azioni, ma ci illudiamo di poterle affrontare in futuro.

Le paure alla base della procrastinazione

Alla base di questo comportamento disfunzionale ci possono essere diverse cause, che non ti permettono di smettere di procrastinare.

  • La paura di fallire: la paura di non riuscire a raggiungere i propri obiettivi o di sbagliare è spesso legata a un’ansia da performance o al timore di non essere all’altezza, per cui si rimanda perché si è convinti di fallire.
  • La paura del successo: alcune persone hanno paura di ottenere successi nella propria vita, a volte per paura delle conseguenze del successo, altre perché ritengono di non meritarselo, per questo motivo rimandano all’infinito attività in cui potrebbero vincere.
  • Il perfezionismo: il perfezionista tende a rimandare perché vuole che il risultato sia perfetto e molto spesso non si sente mai pronto finché non trova la situazione ideale per affrontare un compito. I perfezionisti inoltre tendono a voler programmare nel dettaglio ogni attività, perdendosi nella fase organizzativa e non riuscendo ad andare oltre.
  • Troppo carico di impegni: quando la mole di lavoro e di compiti è eccessiva, il nostro cervello finisce per chiederci time-out e ci dirotta su compiti di svago e di distrazione. In questi casi entrano in gioco sia la gestione del tempo sia l’equilibrio tra dovere e piacere.
  • Mancanza di motivazione: se il compito che stiamo facendo non ci entusiasma, è difficile riuscire a mantenere la motivazione e ogni scusa sarà buona per rimandare ciò che non ci appassiona.

Ad ogni modo, si potrebbe riassumere che alla base della procrastinazione ci sia una forma di evitamento cronica, che da un lato ha lo scopo di non farci affrontare ciò che temiamo, dall’altra innesca un giudice interno che alimenta il senso di colpa e la sfiducia verso noi stessi. In realtà, dal punto di vista dell’esito non c’è differenza su quale sia la causa della procrastinazione, perché in tutti questi casi ciò che ne risente di più è la nostra capacità di prendere decisioni e di affrontare la realtà. Questo significa che se ci illudiamo di essere in grado di fare ciò che rimandiamo, ci rendiamo inermi e privi di spirito d’iniziativa di fronte al mondo (Nardone, 2013).

Piccoli passi per smettere di procrastinare

Vediamo quindi come fare per smettere di procrastinare.

Considerando che la paura evitata viene solo alimentata, la prima cosa da fare è iniziare a temere di rimandare. In tal senso può esserci d’aiuto immaginare quotidianamente gli effetti devastanti che il rimandare costantemente può avere sulla nostra vita. Spesso infatti visualizzare lo scenario peggiore che potrebbe verificarsi se continuiamo a rimandare è il modo migliore per smuoverci da quell’immobilismo e riappropriarci della nostra capacità decisionale.

Un altro primo passo per uscire dalla procrastinazione è l’utilizzo di liste. La pianificazione strategica (Leonardi e Tinacci, 2022) può essere utile soprattutto quando ciò che rimandiamo riguarda la gestione del tempo a livello organizzativo. Compilando ogni mattina una lista di attività da fare secondo un ordine di priorità o di tempo, potremo procedere con un’attività alla volta, senza passare alla successiva se non si è terminata quella prima.

Quando invece ci sentiamo sopraffatti dalla complessità del compito, può esserci utile suddividere il nostro obiettivo in piccole azioni e cominciare da quella più semplice fino a quella che pensavamo più complicata. La tecnica dei piccoli passi può essere utile anche quando non troviamo la motivazione e facciamo fatica a iniziare un nuovo compito. Il più delle volte basta cominciare e il resto vien da sé. In questi casi inoltre, dobbiamo focalizzarci sul progetto allargato e sull’obiettivo finale, per non perderci d’animo quando non troviamo più la spinta ad andare avanti.

Quando infine la procrastinazione ci porta a cercare distrazioni e svago, chiediamoci se la nostra vita sia piena solamente di doveri e regole. A volte concedendosi spazi di piacere per sé, programmando ad esempio attività ludiche o coltivando degli hobby personali potremmo sbloccare delle energie che possiamo poi incanalare anche nel lavoro o nello studio.

Se senti il bisogno di un aiuto professionale, gli psicologi di OneSession.it ti offrono la possibilità di prenotare un primo colloquio gratuito. Per prenotare il tuo incontro, puoi inviare una e-mail a info@onesession.it oppure compilare il form (clicca qui)

Riferimenti biblilografici

Leonardi, F., & Tinacci, F. (2022). Manuale di psicoterapia strategica: 80 tecniche di intervento. Edizioni Centro Studi Erickson.

Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Ponte alle Grazie.

Milanese, R. (2020). L’ingannevole paura di non essere all’altezza: Strategie per riconoscere il proprio valore. Ponte alle Grazie.

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