
Come migliorare l’intesa con il partner e riaccendere la passione
L’intesa sessuale è la cartina al tornasole della coppia.
Dalle vicende che accadono in camera da letto (o sulla lavatrice, perché no?) si può monitorare il suo stato di salute e prosperità.
Purtroppo non è raro constatare quanto la passione erotica risenta dei momenti di stanchezza o difficoltà sperimentati nella vita quotidiana. E accade che coppie ben affiatate si ritrovino una temperatura “tiepidina” sotto le lenzuola.
La carenza di passione può essere la grigia anticamera al corridoio che porta alla separazione, ma ci sono altre porte che si possono aprire.
Come tutti i momenti di crisi, la diminuzione dell’eros può essere usata per riaccendere l’intesa e rinvigorire l’energia e la passione al cammino comune.
In termini di sviluppo evolutivo, saper custodire e promuovere rinnovate forme di intesa sessuale è uno dei compiti di sviluppo propri della coppia stabile.
L’intesa sessuale nella coppia stabile
“L’amore. Certo, l’amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta.”
(Tomasi di Lampedusa)
Questa citazione colta del Gattopardo fa eco alle tante battute popolari rassegnate alla morte del desiderio nei rapporti che vogliano durare a lungo.
Ma non è detto che del fuoco iniziale debba rimanere solo la cenere.
L’intesa sessuale è la centrale termica dell’edificio della coppia. Si può mantenerne la fiamma sempre viva, rimuovendo la cenere in eccesso che rischia di soffocarla e aggiungendo legna opportunamente.
L’alimento della passione erotica va ricercata nell’ambito della relazione a 360° tra i partner.
Una ricerca svolta dall’Interdisciplinary Center in Herzliya, Israele, pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, ha analizzato coppie di lunga durata. Lo scopo era di evidenziare se ci fossero elementi relazionali in grado di migliorarne la passione erotica.
E’ emerso che l’intesa e il desiderio sessuale in un partner aumentavano in seguito alla messa in atto quotidiana di comportamenti sensibili e ricettivi dell’altro partner nei propri confronti.
L’incremento era maggiore quando questi specifici atteggiamenti comunicavano il giudizio di essere persone di valore e permettevano di sperimentare l’appartenenza ad una relazione speciale.
Atteggiamenti propri di coloro che sanno di vivere una storia d’amore e riescono a comunicarlo.
Passione erotica e routine
Il desiderio sessuale non è influenzato solo da questioni di coppia. E una funzione della persona che risente del contesto di vita generale e della tappa evolutiva che si sta attraversando.
Sia gli uomini che le donne nei diversi eventi di vita (ad es. matrimonio, gravidanza, menopausa, licenziamenti, promozioni, pensionamento, malattie, lutti, ecc.) sperimentano una oscillazione dell’intensità del desiderio. Anche lo stress legato alla vita lavorativa, familiare e sociale incide fortemente sulla passione.
Può accadere che l’intesa sessuale di coppia, specie se datata, diminuisca o svanisca del tutto a causa di una minore intimità tra i partner. La conseguente minore comunicazione, a causa degli impegni e delle responsabilità quotidiane rischia di sottrarre l’investimento di tempo ed energie dalla sfera sessuale.
Riaccendere la passione
“Nel grande amore erotico non si cercano e si uniscono solo i corpi, si cercano e si completano anche le intelligenze.” Francesco Alberoni
Quale legna aggiungere per alimentare la passione erotica di coppia specie se di lunga durata? Vediamo 5 possibili azioni.
1. Iniziare con il parlare
Può sembrare banale, ma una delle differenze più marcate tra la coppia di nuova formazione e quella datata è proprio la quantità di tempo e spazio dedicato allo scambio reciproco di ascolto e attenzione.
Parlate del calo del desiderio, dei dubbi, delle preoccupazioni.
Magari parlandone potrete scoprire che il partner si sente come voi e vi potrete sentire più complici e intimi.
2. La seduzione passa dal corpo, dagli sguardi e dagli atteggiamenti
Sono essi a comunicare, oltre le parole, la propria attenzione al valore della presenza dell’altro mentre si segnala anche quanto sia importante conquistare a propria volta la sua.
Il riaffermare coi gesti e gli atteggiamenti (e il tipo di vestito o di linguaggio) quanto si ritiene desiderabile l’altro, è forse il combustibile più efficace per riaccendere la fucina della passione.
3. Prendersi il giusto tempo
Un contatto sereno e consapevole con il proprio corpo è la base necessaria per una altrettanto consapevole apertura all’altro e alle sue esigenze.
Ricentrarsi in termini di tempi da dedicare a sé (sport, alimentazione e svaghi ma anche autoerotismo) permette di alimentare il bacino di riserve energetiche da riversare poi nella vita di coppia.
Solo da un’adeguata cura della propria soddisfazione personale può scaturire la creatività e la motivazione alla ricerca attiva di spazi comuni.
4. Favorire l’intimità
Se si considera l’intesa di coppia importante e significativa per l’espressione personale allora occorre ritagliare spazi riservati ad essa, magari calendarizzati e tenuti ritualisticamente distinti da altri spazi che si condividono in altre vesti.
Ad esempio decidere una specifica serata settimanale riservata ad una cena di coppia in cui sia vietato il parlare dei figli o del lavoro o della salute, ecc. Ritornate a sognare insieme, non tutto è già stato fatto o detto.
5. Riandare al passato e rilanciare il futuro
Generalmente l’inizio della relazione racchiude una maggiore intesa sessuale e costituisce la maggiore fonte di apprendimento reciproco.
Riprendere da dove si era arrivati può fornire indicazioni per il prosieguo del discorso.
In questo dinamico spostarsi avanti ed indietro nel tempo può essere più facile cogliere l’invito ad una maggiore flessibilità laddove si fosse instaurata una certa monotonia e ripetitività.
Ricordando che il cambiamento non sta tanto nel panorama ma nello sguardo di chi lo ammira.
Se questi piccoli accorgimenti non bastassero, o sembra impossibile metterli in atto, potrebbe essere utile un colloquio con uno psicologo. Anche in una sola seduta si possono sbloccare situazioni ferme da tempo.
Troverai psicologi qualificati ogni martedì sulla pagina Facebook di OneSession per il servizio di consulenze on line gratuite.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Birnbaum, G. E., Reis, H. T., Mizrahi, M., Kanat-Maymon, Y., Sass, O., & Granovski-Milner, C. (2016). Intimately connected: The importance of partner responsiveness for experiencing sexual desire., Journal of Personality and Social Psychology 111(4), 530-546.
Tomasi di Lampedusa, G. (1958). Il Gattopardo. Feltrinelli
Mi sono laureata in Psicologia ad indirizzo Applicativo nel 1990 presso la facoltà di Psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma. Ho maturato esperienza oltre che nello studio libero professionale, anche nell’ambito dei Consultori Familiari, acquisendo competenze nel sostegno psicologico, sostegno genitoriale, percorsi di educazione affettiva e sessuale.

Come superare un tradimento?
“Non sono turbato perché mi hai tradito,
ma perché non potrò più fidarmi di te” – Jim Morrison
Perdonare o non perdonare, è questo il dilemma.
Nonostante il tempo passi, la paura di subire un tradimento dal proprio partner resta una delle fobie più profonde e radicate.
Nessuno infatti accetta l’idea di stare in coppia e essere tradito.
Con i social network, scoprire il tradimento è diventato più semplice, nonostante entri in gioco il conflitto interiore per la violazione della privacy altrui.
La sete di conoscenza è più forte del senso di colpa in alcuni casi e in altri è il partner stesso a vuotare il sacco e confessare il tradimento.
Cosa fare a quel punto?
Ogni persona è diversa, ma se c’è un sentimento forte e una progettualità di coppia, sicuramente nella maggioranza dei casi non si accetta di buon grado la notizia del tradimento.
Come reagire?
Non è affatto facile.
Nel momento in cui si è traditi, al di là dei motivi (che possono essere tanti), si perde la fiducia nell’altro.
E si sa che un coppia senza la fiducia, stenta a sopravvivere.
Infatti nella maggior parte dei casi, ciò che succede è il partner che ha subito il tradimento, decide di perdonare; tuttavia il suo comportamento cambia, virando verso l’ipervigilanza e il monitoraggio costante del partner.
Questo genera ulteriore conflitto nella coppia diversi “ruoli”.
Il traditore è costantemente sotto processo e qualsiasi azione compia per redimersi non ha effetto; fa di tutto per rimediare all’errore commesso e ripristinare il rapporto di coppia. Fornisce spiegazioni dettagliate, scusandosi di continuo e avvertendo un forte senso di colpa.
Il tradito invece non riesce né a fidarsi del tutto, né a lasciare il partner. Vorrebbe ricostruire il rapporto ma è ripensa costantemente all’evento e al passato, probabilmente dandosi anche in parte la colpa di quanto successo. Rimugina sull’umiliazione subita, cerca segnali che gli dicano che il partner è sinceramente pentito e che non sta ancora tradendo. Il dubbio si è insinuato in lui e fatica a scacciarlo.
Bada bene, mi riferisco alla coppia che ha deciso di restare insieme, dove il partner che ha tradito si è pentito dell’atto.
Puoi passarci sopra?
Non esiste una strategia univoca o un consiglio efficace per il tradimento; si tratta più che altro di una decisione tua personale.
Nn ci sono vie di mezzo in questi casi, ma ciò che devi fare è scegliere se perdonare o no il tuo partner.
Voglio farti riflettere su cosa significa la parola perdono: “Assolvere qlcu. per qlco. che ci ha offeso o danneggiato, rinunciando alla vendetta”[1]
Significa che scegli di dimenticare quanto accaduto, come se non fosse mai successo per poter guardare avanti privo di rancore e vendetta. Altrimenti non funziona. So che non è facile e avrai bisogno di tempo affinché la ferita si rimargini ma non si può costruire su qualcosa di rotto; bisogna spazzare via tutto e ricominciare.
- Parla con il tuo partner di come ti senti e di quelle che sono le tue emozioni
- Ridefinite i confini e i ruoli all’interno della coppia
- Pensa tutti i giorni a comportarti “Come se” il tradimento non è mai avvenuto, scegliendo la cosa più piccola che puoi mettere in atto. Provaci!
- Rivolgiti a un professionista per una terapia di coppia.
La Terapia a Seduta Singola è utile anche in questi casi perché ti aiuta a focalizzare l’attenzione su ciò che non funziona o su quello che ti servirebbe per ricostruire la coppia.
Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola?
Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
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Riferimenti Bibliografici
Algeri D., Guarasci V., Lauri S. (2019), La coppia strategica. Guida per un sano rapporto di coppia. Roma: EPC Editore.
Sono una psicologa che si occupa di consulenze brevi e di TSS: il mio obiettivo è ridurre i tempi della terapia e massimizzare l’efficacia della seduta, offrendo un sostegno focalizzato e concreto per affrontare sia le piccole che le grandi difficoltà della vita

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Di seguito alcuni semplici consigli:
Psicologa, laureata all’Università “La Sapienza” di Roma, mi sto formando come psicoterapeuta ad approccio Breve Sistemico-Strategico.
Lavoro da anni in Servizi rivolti a persone con disabilità e con disturbi psichiatrici, occupandomi di sostegno psicologico individuale, di coppia e alle famiglie, favorendo processi di crescita personale e la costruzione di percorsi volti a migliorare la qualità di vita.

Terapia a Seduta Singola e fobia sociale
Ci sono persone molto disinvolte quando si trovano in mezzo ad altra gente, quando devono esporsi o parlare in pubblico, quando fanno nuove conoscenze; altre invece sono più riservate, meno espansive.
C’è chi poi ha il vero e proprio terrore di ogni situazione sociale, e al solo pensiero entra nel panico.
Se ti riconosci in quest’ultima descrizione, forse soffri della cosiddetta fobia sociale.
Fobia sociale: caratteristiche
Il DSM 5, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, descrive la fobia sociale come una “marcata e persistente paura di affrontare situazioni o performance sociali in cui si può essere esposti al giudizio altrui”.
Chi soffre di fobia sociale teme (anzi, è certo) di venir giudicato negativamente dagli altri, di essere deriso, rifiutato, per ogni suo comportamento o parola.
Le situazioni temute non sono solo quelle di grande esposizione, come il tenere un discorso davanti ad un pubblico, ma riguardano ogni minima interazione con altre persone: mangiare con altri, camminare dove c’è altra gente, intervenire in una riunione, sostenere una semplice conversazione o anche solo chiedere delle indicazioni.
Questo tipo di fobia è quindi molto invalidante. Ogni situazione temuta è in grado di innescare sensazioni di ansia e paura molto intense, sproporzionate rispetto alla situazione e persistenti.
Le tentate soluzioni disfunzionali della fobia sociale
Per ripararsi da queste terribili sensazioni, chi soffre di fobia sociale mette in atto dei comportamenti che, in realtà, non fanno che mantenere o peggiorare il problema. Vediamo quali sono:
- È la soluzione più semplice da mettere in atto e la più praticata. Il pensiero di chi evita è “se quella situazione mi fa paura, non esponendomici non avrò paura”.
In realtà il meccanismo tenuto in piedi da questa soluzione è più complicato. Se da una parte protegge la persona da quelle forti e terribili sensazioni, dall’altra le conferma il fatto che effettivamente le circostanze che si stanno evitando sono pericolose, e che non si hanno le capacità di affrontarle.
- Comportarsi con diffidenza. Il fatto che chi soffre di fobia sociale sia certo del giudizio negativo che gli altri gli riservano, lo porta a comportarsi in maniera diffidente e circospetta. Se costretto ad avere a che fare con altre persone, il fobico sociale si comporta in modo guardingo, mantenendo le distanze.
Conseguenza di questo tipo di comportamento è che gli altri lo guardino con sospetto a sua volta. Questo andrà ad alimentare le convinzioni di partenza. “Mi guardano male, mi stanno giudicando; lo sapevo!”
Superare la fobia sociale
Superare la fobia sociale è possibile, e qui di seguito puoi trovare due piccoli stratagemmi se vuoi iniziare a metterti in gioco autonomamente:
- Anticipa il tuo imbarazzo. Questa è un’arma potentissima che può aiutarti ad evitare…di evitare!
Invece che privarti di esperienze in compagnia altrui, ammetti agli altri il tuo disagio! Puoi usare frasi come “Quello che sto per dirti potrà sembrare sciocco, ma…” oppure “Mi imbarazza dire questa cosa, ma io penso che…”. Se hai manifestazioni fisiche di imbarazzo, come l’arrossamento delle guance, fallo presente! - Comportati “come se”. Cosa faresti di diverso, se fossi sicuro che gli altri non ti giudicassero e fossi una persona molto capace nelle relazioni sociali? Prova a prenderti ogni mattina qualche minuto per pensarci e, quotidianamente, scegli la più piccola azione che ti è venuta in mente, quella che ti comporta uno sforzo minimo, e prova a metterla in atto durante la giornata. Sperimenta cosa succede di diverso!
Come può aiutarti la terapia a seduta singola?
La Terapia a Seduta Singola ti garantisce il supporto di un professionista, che saprà darti un aiuto “sartoriale”, cucito su misura per te!
Insieme andrete ad individuare quali tentate soluzioni stanno mantenendo in vita il problema e quali strategie funzionali adottare al loro posto, basandosi sulle tue risorse.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola, puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online.
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Bibliografia
Nardone G. (1993), Paura, panico, fobie. La terapia in tempi brevi, Firenze: Ponte delle Grazie
Nardone G. (2007), Non c’è notte che non veda il giorno. La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico, Milano: TEA Pratica
Il mio lavoro è orientato al futuro e alla valorizzazione delle risorse delle persone che si rivolgono a me, in ottica di totale collaborazione.

Quando bere è la soluzione (disfunzionale)
Quando parliamo di alcol spesso ci viene in mente la dipendenza da questa sostanza. Di questo, certamente, se ne occupano in modo efficace ed efficiente i servizi addetti.
Esistono, però, oltre ai casi più gravi ed invalidanti, delle situazioni in cui il bere diventa un problema: quando è l’unico modo per divertirsi, per distrarsi, per risolvere un problema.
In questo caso parliamo di abuso di alcol o di uso problematico, che può essere trattato e risolto in tempi brevi senza necessariamente rivolgersi ad un servizio.
Ma facciamo chiarezza.
Quand’è che siamo di fronte ad una dipendenza?
Secondo il DSM-5 (il manuale di classificazione dei disturbi mentali) si può parlare di dipendenza da alcol se sono presenti almeno 2 di questi criteri:
- L’alcol è spesso assunto in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dalla persona
- La persona desidera spesso ridurre o controllare l’uso dell’alcol, ma non riesce a farlo, i suoi tentativi sono sempre fallimentari
- La persona spende una grande quantità di tempo in attività necessarie a procurarsi l’alcol (per es. guidando per lunghe distanze), ad assumerla (per es., passando il tempo ad ingerire una grande quantità di acolici), o a riprendersi dai suoi effetti
- La persona prova una forte smania, un forte desiderio di bere (craving)
- Usa in modo ricorrente l’alcol, con conseguente fallimento nell’adempimento dei principali obblighi di ruolo sul lavoro, a scuola, a casa
- Beve in modo continuativo nonostante la presenza di persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o peggiorati dagli effetti dell’alcol
- Compromissione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative che vengono interrotte o ridotte a causa del bere
- Beve spesso in situazioni nelle quali farlo è fisicamente pericoloso
- Beve di continuo nonostante la consapevolezza di un problema persistente o ricorrente, fisico o psicologico, che è stato probabilmente causato o intensificato dall’alcol
- Sperimenta la “tolleranza”, cioè: a) il bisogno di bere quantità sempre maggiori di alcol per raggiungere l’effetto desiderato; b) un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità di alcol
- Sperimenta i sintomi di astinenza, cioè: a) vive la caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza; b) l’alcol (o un’altra sostanza strettamente correlata) è assunto per attenuare o evitare i sintomi dell’astinenza stessa.
Bere è il problema o la soluzione?
L’alcol ed in generale il bere può essere considerato come la soluzione disfunzionale che la persona mette in atto per risolvere un problema o una difficoltà.
Che significa “soluzioni disfunzionali”?
Sono tutti quei comportamenti che hai messo in atto per risolvere il problema, e che non sono non lo hanno risolto, ma lo hanno addirittura peggiorato.
Facciamo degli esempi.
- Hai iniziato a bere per sentirti più rilassato?
- Per riuscire a socializzare meglio con gli altri?
- Per non pensare e non affrontare una difficoltà della tua vita?
- Per mettere a tacere delle emozioni spiacevoli?
Qualunque sia il motivo che ti ha spinto a bere, quello diventa l’arma per far fronte a qualcosa che non riesci a gestire, controllare o affrontare.
Ed è proprio la soluzione che diventa il problema. Perché effettivamente quando bevi ti senti più rilassato, socializzi in modo più spigliato, non pensi ai problemi e non senti le emozioni.
Solo che…bere non ha davvero risolto la tua difficoltà!
Come può aiutarti la Terapia a Seduta Singola?
Lo scopo principale è quello di far vedere alla persona che c’è uno scenario oltre il problema in cui è rimasta intrappolata e, contemporaneamente, bloccare tutte quelle azioni che mette in atto e che non risolvono il problema.
Infatti, più la persona beve e utilizza questo comportamento come soluzione ai suoi problemi di altra natura, più conferma a se stessa che senza l’alcol non è in grado di risolverli.
Se tu pensi che per essere più spigliato con gli altri hai bisogno dell’alcol, ti stai confermando che senza l’alcol non sei capace di farlo. Ed ecco che la soluzione diventa il problema.
Quindi, bloccare queste soluzioni disfunzionali sarà utile per rapportarsi in modo diverso a quelle situazioni che creano disagio e malessere e trovare un modo più funzionale e, soprattutto risolutivo, per affrontarle e superarle.
Spesso si parte proprio dalle risorse della persona, per individuare quali sarebbero le prime cose che potrebbe fare per cambiare il proprio rapporto col bere.
Smettere di abusare dell’alcol è possibile. Ricerche condotte nel campo dell’abuso di sostanze e delle dipendenze hanno mostrato come spesso anche una sola seduta porta dei concreti miglioramenti.
Se sei interessato alla Terapia a Seduta Singola ogni martedì per un periodo limitato, dalle 18:00 alle 20:00 gli Psicologi e gli Psicoterapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri gratuiti aperti a tutti.
Bibliografia
Barry, K. L. (1999). Brief Interventions and Brief Therapies for Substance Abuse: Treatment Improvement Protocol (TIP) Series 34. Rockville: U.S. Department of Health and Human Services.
Berg, I. K. & Miller, S. (1992). Quando bere diventa un problema. Milano: Ponte alle Grazie, 2001.
Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.

L’ipocondria: dalla paura delle malattie ai “falsi” rimedi
Ipocondria è un termine che, negli ultimi tempi, è sempre più inflazionato.
Del resto, è più che naturale.
Durante questi mesi è cresciuta molto la paura delle malattie: il continuo richiamo a mantenere comportamenti prudenti e la condizione di sostanziale incertezza in cui viviamo hanno reso sempre più labile il confine tra ciò che ci sembra il giusto comportamento e l’eccessiva preoccupazione.
Fino a qualche tempo fa si definiva l’ipocondriaco un malato immaginario e come tale se ne sottovalutava la sofferenza.
In realtà l’ipocondriaco vive una sofferenza reale poiché è da lui percepita e vissuta come tale.
Per parlare di ipocondria, però, non bisogna far riferimento ad un generico timore: la preoccupazione verso la propria salute, la paura di contrarre una malattia o di presentare dei sintomi devono essere costanti e pervasive.
Cos’è dunque l’ipocondria?
Nel panorama scientifico il termine ipocondria è solo un retaggio, questo perché nel nuovo manuale diagnostico, DSM 5, corrisponde alla dicitura di disturbo da ansia da malattia ed è affiancato dal disturbo da sintomi somatici.
In quest’ultimo, i soggetti hanno livelli molto elevati di preoccupazione verso la malattia. Valutano in maniera sproporzionata i sintomi fisici, realmente presenti, percependoli come “minacciosi” per la propria salute. In questi casi, dunque, il bersaglio della paura è il sintomo che porta ad amplificare la preoccupazione per il proprio stato di salute.
Quando si parla di ansia di malattia, invece, la preoccupazione della persona è quella di avere o poter contrarre una grave malattia, anche in assenza di sintomi somatici o con presenza di sintomi molto lievi. In questi casi, il malessere della persona non proviene dal sintomo ma dal costante stato di ansia e paura.
Le “false” soluzioni
L’ipocondriaco vive una costante preoccupazione per la propria salute ed è quindi iperattento ai “segnali” corporei che vengono percepiti in modo amplificato. Per liberarsi dall’ansia e dalla paura che questa propensione genera, e per razionalizzare l’aspetto emotivo, spesso attua soluzioni non sempre funzionali. Eccone alcune:
1. Il Dott. Google
Quasi tutti nella vita siamo andati a cercare su Google le spiegazioni di un sintomo o quali potrebbero essere i sintomi per diagnosticare una malattia.
Non sempre questa si rivela una buona strategia, anzi spesso conduce ad aumentare il livello di confusione e ad amplificare l’ansia e la paura per la propria condizione di salute.
Questo perché le informazioni sono utili quando si possiedono le conoscenze per interpretarle. Quando invece tali conoscenze mancano, troppe informazioni piuttosto che chiarire i dubbi, finiscono con l’alimentarli.
2. L’Ipercontrollo
La persona tende a monitorare costantemente il proprio stato di salute (es. battiti cardiaci, pressione, ecc.). Ciò altro non fa che amplificare le paure, poiché prestare attenzione in modo costante al sintomo ne amplifica la percezione sia a livello di intensità che di frequenza di comparsa.
3. La lamentela
Si avverte il bisogno di condividere la propria paura, le preoccupazioni che rimbalzano nella mente e allora si asseconda questo bisogno parlandone con la convinzione di “liberarsi”. Questo è ciò che accade in un primo momento, ma poi le paure si risvegliano e si innesca un vero e proprio circolo vizioso che condiziona la quotidianità della persona e di chi l’ascolta.
Se stai vivendo un momento di preoccupazione per la tua salute e senti l’esigenza di avere un confronto con un professionista sappi che ogni martedì, per un periodo limitato, dalle 18:00 alle 20:00 i terapeuti del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri aperti a tutti utilizzando la Terapia a Seduta Singola.
Contattaci per maggiori informazioni inviando una email a info@onesession.it oppure visita la nostra pagina Fb OneSession.it
Bibliografia
Nardone, G.;Bartoletti, A. (2018). La paura delle malattie. Psicoterapia breve strategica dell’ipocondria. Ponte alle grazie.
American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders. Washington, DC.
Psicologa e picoterapeuta in formazione. Utilizzo la terapia a seduta singola per permettere alla persone di raggiungere i propri obiettivi e massimizzare l’efficacia di ogni singolo incontro.
Ricevo a Caserta e On-line (Skype).

Come affrontare la dipendenza da cocaina ed uscirne in tempi brevi?
A., è un uomo di 37 anni che vive con una compagna da cui ha avuto una figlia che oggi ha 4 anni. La loro relazione è buona e stabile. A. lavora come cuoco in un noto ristorante della sua città. In passato aveva provato ad aprire una propria attività sempre nell’ambito della ristorazione, ma ci sono state numerose complicazioni ed ora si trova con molti debiti da pagare ai fornitori e alle banche.
La chiusura dell’attività è stata per A. un durissimo colpo ed ha iniziato ad avvicinarsi alla cocaina proprio in seguito a quell’evento. Mi dice che quando fa uso di cocaina ha la sensazione di dedicarsi effettivamente a se stesso, di essere “immune” agli eventi circostanti. La cocaina per lui è un modo di interrompere il flusso dei pensieri, le emozioni, gli stati d’animo negativi e mollare tutto il resto.
Vorrebbe smettere perché si rende conto di quanto il suo consumo sia inutile, sbagliato e di quanto stia facendo soffrire la sua compagna…ma tutti i tentativi che ha fatto sono andati in fumo perché ogni volta ci è ricascato, perdendo fiducia in se stesso e nella possibilità di smettere.
Mi dice che è come se la cocaina gli servisse sia per “staccare la spina”, sia per mantenere la sua performance lavorativa. Afferma di non aver mai perso il controllo rispetto all’uso della sostanza e che non si sente un “tossico” come chi consuma eroina o altre droghe.
Prima di dirti come ho aiutato A….
…Facciamo una premessa
La cocaina è usata e diffusa nelle più varie fasce sociali e di età. Se ne fa spesso un uso pubblico e disinvolto, incontrando una valutazione “positiva” nei più diversi ambienti e contesti socioculturali.
I consumatori di cocaina, spesso, hanno la percezione che non solo la sostanza sia compatibile con la loro normale quotidianità, ma anche che essa sia una opportunità per migliorare se stessi e le proprie capacità, soprattutto a livello lavorativo. Inoltre, la cocaina può anche essere considerata come una non-droga da chi la consuma, tanto da non ritenersi un dipendente e differenziandosi nettamente da chi consuma altre sostanze.
Quindi, nell’aiutare A. ho dovuto tenere in considerazione queste premesse, che si riflettevano in lui come convinzioni (erronee) rispetto all’uso della sostanza.
4 linee guida per l’intervento in terapia
Tutte le dipendenze oltre ad avere in comune gli aspetti di tolleranza, astinenza e perdita di controllo rispetto alle aree della propria vita, sono accomunate da un unico grande fattore che spinge il consumatore ad iniziare e mantenere un comportamento di consumo: il piacere.
Il piacere è una delle sensazioni base nell’uomo, ma può anche diventare il trampolino di lancio per un disturbo e, in questo caso, una dipendenza.
Dal mio punto di vista, reputo efficaci 4 strategie per l’intervento con una persona che ha una dipendenza:
- diminuire il valore gratificante della sostanza e sostituire quell’esperienza di piacere (effimero) ad un’altra esperienza sana;
- indebolire i comportamenti che danno il calcio di avvio al consumo;
- potenziare il controllo sulle proprie azioni;
- immaginare uno scenario oltre il problema, procedendo a piccoli passi
In che modo ho aiutato A.?
Sulla base del lavoro fatto in seduta sui 4 punti appena elencati, ho inviato A. ad eseguire alcuni semplici compiti fino all’incontro successivo.
“Fino al nostro prossimo incontro vorrei che tu facessi attenzione e notassi tutti i segnali della tua vita, a casa, a lavoro, nel tempo libero, che ti fanno dire che sei un gradino più in su nei prossimi giorni. Tutti quelli che noterai e che ti ricorderai, me li racconterai e questo sarà ciò che ti chiederò la prossima volta.
Oltre a questo ti chiedo di comprare un quadernino che userai nel momento in cui ti sta salendo la voglia di consumare, né prima né dopo, ma nel momento stesso in cui ti sta venendo. È molto importante per me che tu lo compili in questo modo, scrivendo data e ora, luogo, situazione specifica, persone presenti, pensieri, sintomi e reazioni. Ci servirà per capire la frequenza e l’intensità della tua voglia di consumare. Per questo ti chiedo di portarlo sempre con te ed utilizzarlo ogni volta che avrai voglia di cocaina.”
Se anche tu hai un problema di dipendenza, puoi provare a fare questi semplici compiti per due settimane e dirmi come sta andando.
Se, invece, ti rendi conto di aver bisogno di un aiuto in più, puoi sempre contattare uno Psicologo formato in Terapia a Seduta Singola che può aiutarti già dopo un unico incontro.
Cerca sul nostro sito https://www.onesession.it/ il terapeuta più vicino a te (o anche online) e più adatto alle tue esigenze.
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Bibliografia
Nardone G., De Santis G. (2011). Cogito Ergo soffro. Milano: Ponte alle Grazie
Rigliano P. (2004). Piaceri drogati. Psicologia del consumo di droghe. Milano: Feltrinelli
Sono una Psicologa, specializzata in Dipendenze da sostanze, comportamentali (gioco d’azzardo, shopping, ecc) e relazionali (dipendenza affettiva). Sono formata all’utilizzo della Terapia a Seduta Singola (TSS) e della Terapia Centrata sulla Soluzione, per aiutare le persone a risolvere i loro problemi e tornare al benessere nel più breve tempo possibile, imparando a scoprire e sfruttare al meglio tutte le loro risorse.

Il disturbo Ossessivo Compulsivo: muovere i primi passi verso la soluzione!
Ti capita di lavarti le mani molto frequentemente?
Di controllare e ricontrollare più volte durante la giornata se hai chiuso la porta di casa, spento i fornelli e chiuso il gas?
Oppure hai pensieri ricorrenti, rimugini continui, costanti, invasivi?
Ecco, è probabile che tu abbia un DOC, un Disturbo ossessivo compulsivo!
Che cos’è Il DOC?
Il disturbo ossessivo compulsivo è un disturbo caratterizzato “dall’irrefrenabile bisogno di mettere in atto comportamenti o pensieri in modo ripetitivo e ritualizzato, sovrastando ogni altra attività” (Nardone, 2013)
Si caratterizza per le:
- Ossessioni: pensieri costanti, ripetuti o immagini che invadono la mente e che percepisci come intrusive, fastidiose ma cui non sei in grado di resistere. Ci pensi sempre, occupando la maggior parte del tuo con un rimugino continuo (paura dello sporco, fare del male agli altri, l’ordine)
- Compulsioni: sono i comportamenti che metti in atto. Le azioni che fai, ripetute e ritualizzate che, una volta eseguite, ti fanno provare piacere e soddisfazione e a cui non sai dire di no (pulirsi le mani; controllare e ricontrollare; accumulare oggetti)
E’ l’ossessione a scatenare la compulsione.
Bada bene che non mi riferisco a qualche pensiero intrusivo o azione ripetuta nel corso della giornata che scapita a qualsiasi persona: può accadere infatti di avere dei propri rituali (come la penna più fortunata da portare all’esame) essere ordinati e puliti o avere paura di germi e virus e per questo praticare una sana igienizzazione. Cosi come può accadere di avere “brutti pensieri “ nei confronti di noi stessi o degli altri a cui poi non diamo seguito.
La differenza nel Disturbo Ossessivo compulsivo sta nell’intrusività di queste immagini mentali ricorrenti e continue che occupano letteralmente la tua mente e di comportamenti per mettere in atto i quali perdi, sottrai tempo a tutto il resto.
Inoltre più metti in atto i comportamenti, più ne hai bisogno: l’ansia e l’angoscia che provi vengono alleviate dall’agire che comporta una reiterazione del comportamento che ti dona piacere.
Tenti si risolvere il problema ma non funziona!
- Eviti ciò che ti spaventa: evitare per paura è un toccasana momentaneo, ma se ti chiedessi come stai dopo aver evitato, cosa mi risponderesti? Il problema si è risolto? La tua ansia è sparita?Probabilmente stai pensando che non è cosi e che anzi, dopo aver evitato, hai ancora più paura ad affrontare quella determinata situazione.
- Cerchi rassicurazioni: chiedi aiuto a chi ti sta vicino perché pensi che da solo non ce la fai. Al contempo ti lamenti del problema con i tuoi amici o i tuoi cari, in cerca di consigli utili e rassicurazioni. Eppure anche in questo caso, sono sicura che il chiedere aiuto e rassicurazione non ha funzionato. Sbaglio?
- Rituali, rituali, rituali: per placare la tua ansia hai ritualizzato dei comportamenti che se all’inizio erano sporadici, sono piano piano aumentati fino a occupare del tutto il tuo tempo. Ti senti vittima di queste azioni ma al contempo non ne puoi fare a meno.
Cosa puoi iniziare a fare?
- Stop alle richieste di aiuto!
Ogni volta che chiedi aiuto confermi a te stesso da un lato che sei circondato da persone che ti vogliono bene, dall’altro di non essere in grado di farcela, che non sei capace e il tuo senso di efficacia diminuisce.
Pensa che ogni volta che chiedi aiuto ricevi questo duplice messaggio.
- Parlare, parlare, parlare: Il parlare agisce sulla paura come l’acqua agisce sulle piante: più innaffi, più la pianta cresce, allo stesso modo più ne parli e più la paura cresce.
Smetti immediatamente!
- Evita…di evitare: più eviti e più confermi a te stesso la pericolosità della situazione e di non essere in grado di affrontarla.
So che smettere da un giorno all’altro di evitare certe cose sembra impossibile, ma il consiglio è questo: comincia dalla cosa più piccola, facendo il primo piccolo passo.
- Prova a rimandare: ogni volta che senti il bisogno di mettere in atto il comportamento (che sia controllare o pulire o lavarti le mani e cosi via), rimandalo di 15 minuti più tardi. Al termine dei 15 minuti, puoi fare tutto come al solito. Semplicemente puoi provare a posticipare il bisogno per poi agire come fai sempre. Provaci!
Pensi di non farcela?
Puoi rivolgerti a uno specialista in questi casi.
La terapia a seduta singola è utile per ottenere vantaggi anche in una sola seduta con lo psicologo per aiutare a risolvere problemi come il DOC in tempi brevi, attraverso la definizione di un obiettivo da raggiungere e l’individuazione delle tue risorse.
Beatrice Pavoni
Bibliografia:
Bartoletti, A (2019) Pensieri Brutti e Cattivi. Ossessioni tabù: come superarli. Francoangeli.
Nardone, G. Portelli, C. (2013) Ossessioni, Compulsioni, Mani. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte delle grazie.