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Category Archives: Problemi nelle relazioni sentimentali

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Superare la fine di una relazione

La fine di una relazione è un’esperienza pressoché universale: siamo degli animali sociali e siamo fatti per costruire relazioni, per entrare in relazione con l’altro. Pensiamo al legame di attaccamento e a come il bambino appena nato si trovi ad affrontare un compito cruciale per il suo sviluppo, ovvero formare un legame unico e speciale con il caregiver, ovvero la principale figura di accudimento nei primi mesi di vita, che possa fornire quel supporto, quella protezione e quelle esperienze emotive di cui il bambino ha bisogno e che garantiscono la sua sopravvivenza.

Citando John Bowlby, padre dell’appena citata Teoria dell’Attaccamento, l’essere umano viene al mondo con una “predisposizione biologica” ad entrare in relazione con l’altro, che nelle prime fasi della vita di ciascun individuo svolge la funzione biologica di fornire protezione e accudimento e la funzione psicologica di fornire sicurezza.

Nonostante siamo predisposti a costruire relazioni con gli altri, a condividere esperienze, questo, il più delle volte, non ci rende altrettanto bravi nella gestione della fine di una relazione.

Si tratta di processi psicologici che fanno parte del nostro percorso evolutivo: soprattutto se una relazione è stata particolarmente significativa ed importante per noi, la sua fine può avere delle ripercussioni importanti in più ambiti della nostra vita, ed è del tutto normale sentirsi sopraffatti da tante emozioni anche contrastanti, soprattutto nelle prime fasi della perdita.

La fine di una relazione è come un lutto

Molto spesso si parla di una vera e propria elaborazione di un lutto quando si fa riferimento alla fine di una relazione: uno dei modelli più diffusi e conosciuti nel panorama della psicologia è sicuramente quello sviluppato dalla psichiatra Elisabeth Kübler Ross (1969) che ha teorizzato 5 fasi del lutto che si attraversano e che portano ad elaborare una perdita e che possono essere utilizzate per ripercorrere ciò che può accadere alla fine di una relazione d’amore:

1. Fase della negazione/del rifiuto della perdita

La fine di una relazione può creare una rottura molto forte ed anche uno sconvolgimento importante della vita e della quotidianità fino a quel momento vissuta e condivisa con l’altra persona: il tutto può essere vissuto come intollerabile, e la negazione della realtà e quindi della perdita, diventa l’unica strada percorribile in questa fase iniziale.

2. Fase della rabbia

In questa fase il dolore e la sofferenza sono molto intensi: la perdita della relazione può essere vissuta come una profonda ingiustizia subita dalla persona. Questa fase è comunque una fase importante in quanto c’è un primo contatto con la realtà e si inizia a riconoscere la perdita.

3. Fase del patteggiamento/della negoziazione

Questa fase è molto importante in quanto si cerca di riprendere il controllo della propria vita e di trovare delle strategie utili di fronteggiamento della situazione.

4. Fase della depressione

Il tempo che passa porta sempre di più consapevolezza della perdita, di ciò che non si tornerà più a vivere e di ciò che non si potrà più condividere, creando le condizioni per vissuti di profonda malinconia e tristezza.

5. Fase dell’accettazione

Arrivati a questa fase, la persona ha elaborato la perdita e ne è consapevole. La vita va avanti ed è arrivato il momento di riorganizzarla.

La relazione finisce ma la tua vita continua

Come già accennato, quando finisce una relazione, soprattutto quando è stata molto importante e intensa, la prima reazione è quella di un vero e proprio shock: la persona potrebbe trovarsi a sperimentare un vero e proprio “frullatore emotivo” tra la paura di non farcela, di non poter andare avanti senza quella persona, di sentirsi talmente persa come se mancasse la terra sotto i piedi.

Se, come è stato già sottolineato, la prima reazione è quella di negare la realtà per mettersi al riparo da una situazione percepita come troppo dolorosa e insostenibile, è altrettanto importante, rispettando quelli che sono i propri tempi, ricominciare a prendere consapevolezza della realtà.

Cerca di essere onesto con te stess*

Guardare in faccia la realtà è senza dubbio un processo molto doloroso, ma inevitabile e salutare se si vuole superare la perdita in modo funzionale. Generalmente quando finisce una storia d’amore, la nostra mente tende a riportare alla nostra attenzione e a focalizzare solo gli aspetti positivi e i bei ricordi che abbiamo perso: tutto quello che invece non funzionava o ti faceva già soffrire dell’altra persona, tende a passare in secondo piano.

Potresti avere reazioni e provare emozioni anche contrastanti tra loro

Quando finisce una storia d’amore non solo soffriamo per la perdita subita ma soffriamo anche perché le nostre aspettative si sono infrante. Questa sofferenza potrebbe avere ripercussioni in più ambiti della tua vita e portarti a sviluppare delle difficoltà anche sul lavoro e nelle amicizie.

Potresti avere difficoltà nel controllare le tue emozioni, sviluppare difficoltà nel dormire, avere pensieri intrusivi e ricorrenti e magari l’impulso a contattare il tuo ex partner, trovando le più varie giustificazioni per farlo. Potrebbero essere molteplici le reazioni che potresti avere e le emozioni che potresti provare. È fondamentale, quindi, dare dignità alle tue emozioni e permettere a te stesso di sentire quello che senti.

Non evitare il dolore ma passaci dentro per superarlo

Quando cerchi di evitare alcuni pensieri e alcune emozioni, in realtà stai producendo il risultato opposto, ovvero quelle emozioni e quei pensieri diventano ancora più intrusivi. Le emozioni non vanno evitate, vanno accolte perché costituiscono una componente fondamentale delle nostre esperienze di vita. Ripeterti che “non devi stare così” avrà solo l’effetto di acuire e prolungare la tua sofferenza. E’ fondamentale, invece, trovare e dare spazio a questa sofferenza e capire come possa contribuire alla tua evoluzione personale.

Se solo avessi…

Generalmente la fine di una relazione attiva tutta una serie di pensieri che possono arrivare a tormentare la persona e ad imbrigliarla in una serie di quesiti senza risposta “perché lo ha fatto…” “se solo avessi detto questo…” “se non avessi fatto…”. Tutto questo lavoro mentale, in realtà, lungi dall’essere di supporto, contribuirà solamente ad acuire il dolore e la sofferenza. Porterà la persona ad attribuirsi delle colpe che non corrispondono alla realtà. Non possiamo, infatti, modificare il passato e chiederci cosa sarebbe cambiato se solo avessimo detto o fatto qualcosa di diverso, semplicemente non ha senso.

Riconoscere la trappola di questi pensieri è il primo passo per ridurre la sofferenza e quindi la loro intensità. Concediti piuttosto, un tempo predeterminato (ad esempio 10-20 minuti), in cui ti immergerai nei tuoi più dolorosi pensieri e domande. Una volta concluso questo tempo, però, dovrai tornare a fare ciò che stavi facendo. Non combattendoli ma concedendogli uno spazio controllato, con il tempo, diventerai sempre più consapevole dei tuoi pensieri quando si presenteranno alla porta delle tua mente.

Se senti il bisogno di un aiuto concreto per superare la fine della tua relazione, rivolgiti al nostro servizio gratuito di consulenza psicologica a Seduta Singola!
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Riferimenti bibliografici

Baroni, D. (2020), L’arte di riparare un cuore. Edizioni Erickson

Kübler-Ross, E. (1969), On Death and Dying. Macmillan, New York NY.

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Elementi per una buona comunicazione di coppia

Quando si parla di buona comunicazione di coppia? Ci sono dei trucchi, dei suggerimenti, che possono migliorare la comunicazione tra i partner? Lo scopriamo in questo articolo.

La coppia in terapia

Le terapie di coppia hanno avuto un grande incremento negli ultimi anni.

Possiamo annoverare diversi fattori di varia natura che hanno contribuito alla crisi delle coppie e di varia natura: sicuramente economica e sociale in primis, ma possiamo affermare altresì che la coppia ha subito diversi cambiamenti dovuti anche all’evolversi dei modi di stare insieme.

La terapia rappresenta un modo, un tentativo incisivo e carico di aspettativa che la coppia sceglie per ritrovare una chiave di lettura a problemi e conflitti e utile per ridare nuovi significati e per rafforzare la identità, in alcuni casi con la aspettativa di farla rinascere e darle dei nuovi basamenti.

Uno degli aspetti più significativi che vengono affrontati in sede di terapia è l’aspetto legato alla comunicazione.

Dopo che una coppia si è stabilizzata nella relazione, uno dei fattori che ne determineranno la sua durevolezza sarà indubbiamente la comunicazione che sarà adottata dalla stessa.

Una comunicazione sbagliata fa diventare la coppia un terreno di scontro e di affronto in cui le distanze divengono incolmabili e non si riescono più a esprimere i propri bisogni e le proprie emozioni.

Tutto sembra perduto, perché non ci si comprende, quasi a far diventare la quotidianità un ring in cui a colpi di parole infuocate o di silenzi assoluti si perde intimità e il clima si fa irrespirabile.

La comunicazione e i suoi assiomi

Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Don D.Jackson, sono i principali ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto in California e scrivono “Pragmatica della comunicazione umana”, in questo meraviglioso volume del 1967, che segna profondamente un’epoca e supera tutte le teorie precedenti, gli autori si occupano di comunicazione partendo dall’assunto che ”la comunicazione è la conditio sine qua non della vita umana e dell’ordinamento sociale”.

Alla base di tutto il presupposto fondante della comunicazione che non è più intesa come una comunicazione lineare, ma circolare perché chi comunica e fornisce una informazione a chi riceve, provoca una modifica che viene rimandata a chi aveva iniziato la comunicazione.

Gli autori giungono a identificare cinque assiomi, cioè delle proprietà assolute che la comunicazione possiede e che sono fondanti per lo studio delle interazioni interpersonali.

Gli assiomi che elencherò sono riscontrabili chiaramente nella comunicazione di tutti gli esseri umani e quindi anche di quella che intercorre nella coppia.

Gli assiomi sono così enucleati:

il primo assioma ci dice che è impossibile non comunicare, il secondo che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, il terzo che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione, il quarto che gli esseri umani comunicano con il modulo numerico e con quello analogico, il quinto che gli scambi della comunicazione sono di due tipi o simmetrico o complementare.

Nel non si può non comunicare si esprime il fatto che qualsiasi sia la scelta che facciamo noi comunichiamo sempre qualcosa, anche quando non parliamo e scegliamo il silenzio, il distogliere lo sguardo anche quello comunica un’intenzione.

Il secondo ci dice che comunicando non diamo una semplice informazione all’interno di un messaggio: esiste certamente un aspetto di notizia cioè le informazioni ed i contenuti che vengono trasmessi, ma esiste un aspetto di relazione cioè quello relativo alla modalità con cui si esprime la comunicazione.

Il terzo fa riferimento al fatto che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze tra gli interlocutori, la decodificazione segue una punteggiatura personale che organizza le interpretazioni.

Il quarto riguarda il fatto che la comunicazione contiene un aspetto di tipo analogico, cioè legato al piano del non verbale e un aspetto digitale del verbale, i gesti, le espressioni, le inflessioni della voce, il movimento nello spazio sono comunicazione e tutte le componenti di un messaggio dorrebbero andare sulla stessa linea e i piani del verbale e non verbale coincidere per una comunicazione chiara.

Infine, nel quinto si esprime il concetto per cui nella comunicazione si verificano due situazioni quella di simmetria o di complementarità, la simmetria avviene quando gli interlocutori si trovano in una condizione che li vede alla pari, e la complementarità quando uno dei due interlocutori si trova in un piano inferiore o superiore e la comunicazione dal piano superiore mette l’altro in una posizione subordinata.

Gli assiomi della comunicazione nella coppia

Se ora pensiamo alla coppia, non risulta complesso rintracciare tutti gli elementi sopra descritti, ci appare chiaro inoltre che la comunicazione non si esprime solo con le parole, ma gli aspetti del non verbale hanno un peso e una grande influenza, tanto è che il nostro linguaggio si esprime con la mimica, la postura e il tono della voce.

Tutto questo ci fa affermare comunicare è complesso e avere un a buona comunicazione efficace è indispensabile e possedere un dialogo costruttivo può rimettere ordine e pace se ci troviamo in una situazione di conflitto e se siamo in mezzo a situazioni di contrasto e litigio.

Comunicare bene significa avere un rapporto più funzionale.

La buona notizia è che la comunicazione con una guida nella terapia può essere esercitata e migliorata, acquisendo ad esempio nuove strategie e nuovi strumenti, basta avere gli ingredienti giusti.

La relazione di coppia e il benessere nella relazione

Pensiamo a quando cuciniamo, cosa facciamo per rendere piacevole e gustoso un piatto, per farlo essere prelibato e appetitoso per i nostri commensali dobbiamo porre attenzione nel dosare con cura tutti gli ingredienti.

Allo stesso modo in una relazione con il nostro partner, abbiamo bisogno di accorgimenti.

La comunicazione è alla base della nostra ricetta, e se in cucina dobbiamo controllare grammature e dosi, nella comunicazione di coppia dobbiamo parlare ed esprimerci nel modo migliore, al fine di trasformare i disaccordi e i conflitti in accordi ed alleanze.

Comunicare bene in coppia significa essere in sintonia con il partner, saper chiedere quello di cui si ha bisogno, esprimere le proprie emozioni.

Difficoltà nella comunicazione

La difficoltà che si incontra nel comunicare deriva dal fatto che ognuno di noi ha interiorizzato un proprio stile comunicativo a partire proprio da quelle interazioni importantissime che si sono sviluppate con le figure di riferimento nell’infanzia e nel corso dello sviluppo evolutivo e si porta dietro appunto uno stile comunicativo sbagliato che spesso è improntato quasi a una sfida in cui si pensa che possa esserci un vincitore ed un perdente.

Ma è proprio su questo che si insinua l’errore più grande, perché nelle relazioni affettive o si perde entrambi o si vince entrambi.

Nella coppia i conflitti più esacerbati, nella maggior parte dei casi, partono da una cattiva comunicazione.

Una comunicazione alcune volte addirittura fallimentare dove fratture, incomprensioni si generano e si rigenerano.

Non è facile cambiare. Le coppie subiscono nel tempo, oltre al retaggio familiare, anche l’influenza di una vita sempre più stressante. Una vita piena di pressioni a livello lavorativo e familiare che possono minare con facilità la solidità del rapporto.

Una comunicazione efficace ci permette però di rafforzare la relazione e ci dà più possibilità di resistere nel tempo.

Comunicare in coppia: gli errori che si commettono e che rendono fallimentare il dialogo

In questo viaggio nella comunicazione efficace che una coppia dovrebbe acquisire, mi riallaccerò a quello che ha scritto lo psicologo psicoterapeuta Giorgio Nardone allievo di Watzlawick e fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, nel suo libro “Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia”.

Nardone ci fa vedere nel suo volume come alcune modalità che utilizziamo nel comunicare in coppia non fanno altro che trascinare la coppia in un crescendo fallimentare.

Nardone individua i seguenti elementi fallimentari:

  • il puntualizzare al livello razionale una cosa che funziona anche e soprattutto sulle sensazioni, le emozioni e i sentimenti- sfere non riconducibili a una fredda logica-, impoverisce i legami che tengono unite le persone”;
  • il recriminare che “trasforma il suo oggetto, ovvero le colpe dell’altro, in diritti legittimi”. Il recriminare sottopone praticamente il partner quasi ad un processo;
  • il rinfacciare che porta a un totale insuccesso e scatena un crescente senso di rabbia;
  • il fare prediche che fa scattare un senso di ribellione;
  • utilizzare frasi standard che provocano sempre rabbia in chi le riceve, riescono ad evocare immediatamente nell’altro le sensazioni di provocazione, irritazione o squalifica. Esempi die frasi sono “Lascia….faccio io “, “Lo faccio solo per te”, “Te l’avevo detto” dichiarazioni che fanno scatenare rabbia.

Comunicare in coppia: le strategie che rendono la comunicazione efficace

Si contrappone a una comunicazione fallimentare sempre secondo Giorgio Nardone un dialogo strategico che è funzionale alla coppia, qui sotto gli elementi ravvisati da Nardone per una comunicazione costruttiva ed efficace:

– domandare piuttosto che affermare, parafrasare le risposte ricevute con un linguaggio evocativo, agire piuttosto che pensare.

Questi sono i tre capisaldi che permettono alla coppia di uscire dalla catena delle incomprensioni.

Domandare piuttosto che affermare significa porre delle domande. Esse vengono costruite in modo strategico, utilizzano la forma di domande con alternativa di risposta e ci servono per guidare il partner nelle sue risposte, senza sentenze o condanne.

Si crea un clima di collaborazione e si va nella direzione del comprendere a tutto tondo il problema.

Questo modo di condurre la conversazione fa leva su uno scambio comunicativo più ampio, si costruiscono le risposte in due e la conversazione diventa equilibrata e costruttiva.

Parafrasare crea immediatamente un accordo, cambia la prospettiva del problema “correggimi se sbaglio, da quanto mi hai detto, sembrerebbe che…” rafforzo con queste formule l’intesa, chiedo una verifica e non sentenzio, questo ci sposta su un asse di intento comune.

Se inoltre si utilizza nel domandare e nel parafrasare un linguaggio evocativo si apre il nostro modo di comunicare a tutto quello che è il linguaggio emotivo, fatto di sensazioni.

E’ un linguaggio di suggestione che lavora anche sul piano sensoriale.

Agire piuttosto che pensare, ci porta in finale ad una idea di progettualità, verso azioni concrete che possiamo realizzare con il partner.

In due possiamo arrivare al cambiamento, ci accordiamo per andare nella stessa direzione, ci focalizziamo su un fine comune, cambiamo il modo di agire.

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Riferimenti bibliografici

Bartoletti, M. Pagliai, M. (2021). Ritratti di coppia con terapeuta. La terapia breve strategica con le coppie.

Cannistrà, F. ,Piccirilli, F. (2021) . Terapia breve centrata sulla soluzione. Principi e Pratiche

Haley, J. (1985). Cambiare le coppie. Conversazioni con Milton H. Erickson

Nardone, G., Watzlawick, P., (2007). L’arte del cambiamento

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia.

Secci, E. M. (2016). Le Tattiche del Cambiamento

Watzlawick, P. e Nardone G., (1997). Terapia breve strategica

Watzlawick, P., Beavin, J.H. Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della Comunicazione Umana

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Il ghosting e i suoi effetti: conoscerlo per affrontarlo

Il Ghosting è la volontà di sparire improvvisamente dalla vita di una persona senza alcun tipo di spiegazione, rompendo ogni comunicazione, divenendo appunto un fantasma. Ghost, in inglese.

È un fenomeno relazionale presente da sempre, ma in forme meno frequenti ed evidenti rispetto ad oggi. Quando il Cellulare non esisteva, la persona con cui si usciva non si faceva più viva, non chiamava e non rispondeva al telefono, non apriva la porta di casa. Senza alcuna spiegazione.

Accadeva anche tra amici. Il ghosting infatti può riguardare ogni tipo di relazione: lavorativa, amicale e sentimentale, anche se solitamente è più frequente in quest’ultima. E contrariamente a quanto si pensi, non ha genere sessuale, seppur gli uomini siano i maggiori fruitori di Ghosting.

Oggi iperconnessione e speed date, soprattutto virtuali, hanno generato una maggiore incapacità di sostenere la vicinanza emotiva in molte persone, cosicché il Ghosting è diventato di tendenza. Si evitano sentimenti forti sia in senso positivo che negativo. Si scappa da paura e rabbia o da “troppa felicità”. Non si vogliono affrontare problemi o impegni di sorta.

Quanto è diffuso il ghosting?

Un’intervista del Plenty of Fish su 800 Millenials tra i 18 e 33 anni, svolta nel 2016, ha evidenziato che il Ghosting miete molte vittime in questa fascia di età. L’80% degli intervistati ha risposto di essere stato Ghostato e il 73% vuole una storia seria senza perder tempo. Potremmo dire che alcuni Ghoster sono solo persone che in modo rapido, senza impegno e spiegazioni, perché “si dovrebbe capire”, passano a un altro appuntamento.

Altri sondaggi con soggetti più giovani hanno ottenuto simili risultati. Ghostizzarsi è più facile, con amici e partner, abituati a eliminare con un click un contatto. Il ghost incallito è desensibilizzato verso gli altri.

Eppure basterebbe avere una comunicazione assertiva, onesta e rispettare l’altro come persona.

Perché si finisce per fare ghosting?

Diversi sono i motivi per cui si sceglie di sparire senza motivarsi, in ogni caso alla base c’è un profondo desiderio di evitamento e distanziamento, per:

  • – l’incapacità di gestire le emozioni proprie e dell’altro, nell’affrontare una rottura o una discussione
  • – non essere in grado di comunicare assertivamente una spiegazione di perdita di interesse
  • – alimentare il puro egoismo e assenza di empatia, in cui l’altro è solo qualcosa che mi serve oppure no
  • – evitare lo stress e l’impegno di dare e trovare una spiegazione
  • – deresponsabilizzazione e insicurezza
  • – derealizzazione, perché si ritiene non reale la relazione vissuta, se nata sul web
  • – non vivere più una storia violenta. Questo è l’unico caso in cui chi scappa, può permettersi di farlo senza dover dare spiegazioni.

Alcuni Ghost ritornano, improvvisamente. Sono amanti delle sorprese, potremmo dire che da Ghost diventano Zombie. Lo Zombieng è un ghosting rivisitato, prevede il rientro anch’esso improvviso, dopo un periodo di abbandono totale per poi risparire. Il risultato in chi subisce questa altalena di apparizioni e sparizioni inaspettate, sono una reiterazione di traumi destabilizzanti. Non si sa mai cosa accadrà domani.

Quali conseguenze lascia tutto ciò?

Il Ghosting, così come lo Zombieng, è una tipologia di subdola violenza che lascia la vittima in balìa di sé stessa, rifiutata e abbandonata. Emergono

  • esperienze emotive passate,
  • colpevolizzazioni,
  • ricerca spesso ossessiva, ma fallimentare, di verità e chiarimenti di un ipotetico errore e problema per la maggior parte delle volte sconosciuti, con la speranza di riprendersi.

Ma non trova soluzioni né risposte. E allora la persona si comincia a sentire

  • sbagliata e profondamente sola,
  • ingannata e rifiutata,
  • non meritevole di stima, fiducia e rispetto,
  • impotente,
  • incapace di capire gli altri,
  • impossibilitata a potersi fidare di nuovo… di altre persone,
  • invisibile, che non esiste e non ha valore.

La persona infatti viene “spettrata”. Se non è umano è più facile non provare sentimenti e non parlarne nemmeno con un sms, come accade spesso tra chi è uscito massimo un paio di volte. Un po’ come quando ci si lasciava per lettera.

Non è piacevole e non possiamo dire sia il modo migliore, ma di certo può esserlo rispetto al dileguarsi. C’è anche da dire che meno tempo si è stati assieme (che siano un paio di uscite o un brevissimo tempo online), minore è la sofferenza di un sms di chiusura o di ghosting.

In ogni caso la rottura di un rapporto, soprattutto se lo si subisce, porta con sé disagio, e più è duraturo più provoca sofferenza e stress. Spesso la fine è anche traumatica, con liti e rivendicazioni. E si vive una perdita importante, a cui dover dare un significato personale e relazionale.

Ma con il ghosting, la perdita equivale a un vero e proprio lutto improvviso, senza possibilità di saluto finale. L’iniziale smarrimento incredulo e la frustrazione di non senso, di impotenza, le emozioni di tristezza, rabbia, senso di colpa innescate e i relativi effetti già citati, è possibile che nella persona ghostata si trasformino in vere e proprie sintomatologie da Trauma e Post- Trauma di tipo psico-fisiologico. Per citarne alcune:

  • Malessere generale
  • Emicranie ed insonnia
  • Inappetenza e irrequietezza
  • Minor produzione di endorfine e conseguente maggior dolore
  • Ansia
  • Depressione

Cosa fare per uscire dal corto circuito del Ghosting?

“Il tempo farà” dicevano i nostri nonni. Ma sappiamo che se il tempo non è usato al meglio non si avrà il risultato sperato. Continuare ad arrovellarsi con autocritica per cercare un senso, ma “un senso non ce l’ha”, diceva Vasco, fa rimanere nell’incertezza, alimentare gli effetti psicoemotivi e fisici, e dà potere al fantasma sulla propria persona.

Cosa puoi fare allora?

  1. Fai attività che aumentino pensieri piacevoli, che ti ricordino il tuo valore come persona. Chi sei, le qualità che hai, le passioni… Utilizza il tuo tempo alla riscoperta di te.
  2. Svolgi attività fisica per svuotare la mente, gestire i pensieri, distrarti e scaricare lo stress.
  3. Ricerca attività di rilassamento fisico e mentale, che ti permettano di essere a contatto con la natura e con te.
  4. Decidi di prenderti cura di te, senza pensare a ciò che hai perso ma a quanto hai guadagnato.
  5. Quando scegli di iniziare una relazione affettiva online, frequenta l’altro in presenza per permetterti di conoscerlo realmente.
  6. Incontra amici e persone reali che ti conoscano bene, per sperimentare ancora che una realtà vera esiste, che c’è chi ti ama e si arricchisce della tua presenza. La reciprocità e il rispetto sono alla base di ogni relazione.

A volte la complessità con cui epiloga un ghosting, richiede un supporto professionale. Se sei vittima di ghosting, zombieng, orbiting o deep fake non temere di chiedere aiuto.

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare le nostre pagine Facebook e Instagram

 

Riferimenti Bibliografici

Freedman, G., et al. (2018). Ghosting and destiny: Implicit theories of relationships predict beliefs about ghosting. Journal Of Social And Personal Relationships, 36(3), 905-924.

Manning, J., et al. (2021). Justifications for “Ghosting Out” of Developing or Ongoing Romantic Relationships: Anxieties Regarding Digitally-Mediated Romantic Interaction. In A. Hetsroni & M. Tuncez, It Happened on Tinder: Reflections and Studies on Internet-Infused Dating. Institute of Network Cultures. Retrieved 18 January 2021, from.

Moore, P. (2014, October 28). Poll Results: Ghosting. Retrieved from https://today.yougov.com/topics/lifestyle/articles-reports/2014/10/28/poll-results-ghosting

Morris, C. E., et al. (2011). Frequency, intensity and expression of post-relationship grief. EvoS Journal: The Journal of the Evolutionary Studies Consortium, 3, 1–11.

Sprecher, S., et al. (2010). Choosing Compassionate Strategies to End a Relationship. Social Psychology, 41(2), 66-75.

 

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Sai riconoscere i campanelli d’allarme di una relazione abusante?

Quando sentiamo il termine “relazione abusante”, pensiamo subito a quella relazione in cui ci sono abusi o violenza fisica all’interno di una coppia. Ma anche quella psicologica può essere altrettanto pericolosa e può portare a danni seri a livello personale e relazionale.

Talvolta questo tipo di violenza è meno evidente, poco riconosciuta, negata e perfino nascosta.

Sono infatti moltissime le situazioni di relazioni abusanti vissute come fossero la normalità, in cui ci si trova in modo quasi del tutto inconsapevole ad essere all’interno di dinamiche di coppia disfunzionali o pericolose. Per questo è fondamentale riconoscerle e chiedere aiuto per poterne uscire.

Come puoi capire se stai subendo una violenza psicologica da parte del partner?

Ecco dei campanelli d’allarme:

1. Isolamento

Ti è mai capitato di rinunciare a fare qualcosa per paura della sua reazione?

O di limitarti nel vedere amici, parenti o frequentare alcuni posti?

E ti è capitato che fosse il partner a chiederti di rinunciare? Di limitarti, di evitare di fare qualcosa?

Essere impegnati con una persona non dovrebbe mai essere un limite per la nostra libertà personale.

Se scegli di non partecipare a una festa, di non uscire con gli amici, di non coltivare più una tua passione perché temi che questo potrebbe togliere del tempo alla relaziono o il partner potrebbe arrabbiarsi, questo è un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Ogni cosa che fai (o non fai) per non farlo arrabbiare, è violenza.

Attenzione anche all’aspetto economico: il partner potrebbe isolarti anche impedendoti di lavorare e quindi incentivando in te il bisogno di dipendere da lui.

2. Gelosia e possesso

Non può esistere amore senza fiducia. In una relazione abusante, può succedere spesso che il partner metta in dubbio le parole dell’altro e, nei casi peggiori, metta in atto dei comportamenti di controllo: controllare il telefono, spiare i social, chiamare amici per chiedere conferma dei racconti del partner, pedinare l’altro, reagire con rabbia se non risponde al telefono.

La gelosia estrema e soprattutto immotivata o il bisogno di possedere l’altro possono essere scambiati erroneamente per dimostrazioni di quanto interesse ha l’altro nei propri confronti. In realtà, questi comportamenti sono disfunzionali e non dovrebbero mai essere presenti in un rapporto di coppia sano.

3. Svalutazione

Un elemento sempre presente in una relazione abusante è la svalutazione.

Il tuo valore viene messo costantemente in dubbio e questo ti porta a sperimentare sentimenti di inadeguatezza, di mancanza, e dubiti costantemente delle tue risorse e capacità.

Inoltre, senti di non avere il giusto supporto quando soffri o quando raggiungi un traguardo importante, questo viene sminuito o minimizzato.

Un’ambizione, un progetto lavorativo, un sogno, un nuovo hobby vengono considerate cose di poco conto e per questo svalutate.

In alcuni casi, l’abitudine di sminuire o ridicolizzare potrebbe essere messa in atto anche davanti ad amici, parenti o in altre situazioni sociali.

4. Manipolazione

Ci sono persone che riescono a cambiare volontariamente il comportamento di chi hanno intorno, in modo da trarne beneficio.

All’interno di una relazione abusante partner potrebbe cercare di ottenere quello che vuole attraverso l’estorsione e il senso di colpa, oltre che la paura.

Spesso non riesce a gestire le sue reazioni e ti incolpa per questo: ad esempio potrebbe distruggere un oggetto in uno scatto di rabbia e dare la colpa a te: “Guarda per colpa tua cosa ho fatto!”.

Può anche intimorirti con affermazioni come “non provarci nemmeno”, “non ce la farai mai”.

Tutto questo va a minare la tua autostima, il tuo senso di efficacia e ti impedisce di liberarti di questa relazione.

In conclusione…

Riconoscere i campanelli d’allarme di una relazione abusante spesso non è semplice perché questi comportamenti sono subdoli ed inducono nell’altro inizialmente senso di appagamento e felicità e, successivamente, smarrimento e dipendenza.

Se, all’interno della tua relazione ti senti spesso in confusione, hai paura, senti che la tua libertà viene meno, vieni sempre accusata o messa in discussione, è possibile che sei intrappolata in una relazione abusante.

Per uscire da una situazione simile è necessario innanzitutto prendere consapevolezza della situazione in cui ci si trova ed il primo passo da fare è quello di riuscire a chiedere aiuto.

Ti ricordo che puoi sempre chiedere un incontro agli psicologi di “One session” e prenotare una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola per capire come poter affrontare i primi passi ed uscire da questa situazione nel più breve tempo possibile. I nostri terapeuti sono disponibili gratuitamente per ritagliarti uno spazio di 30 minuti tutti Martedì dalle 18:00 alle 20:00. Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.

Riferimenti bibliografici

Cabras E., Saladino V. (2019). La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza. Roma: Carocci Editore. Secci E.M. (2015). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Youcanprint Self-Publishing

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“Restiamo insieme”. Imparare la fiducia dopo un tradimento

Quando il tradimento entra in una relazione, mettendo alla prova la fiducia, l’incredulità e lo smarrimento iniziali fanno spazio a emozioni e sentimenti come:

  • Umiliazione e tristezza
  • Rabbia
  • Disgusto
  • Senso di fallimento e di colpa
  • Vergogna
  • Dolore e paura di essere nuovamente traditi.

Se la relazione è di coppia, questi sentimenti sono molto intensi e accompagnati da sintomi psicofisici e relazionali. Il tradimento diventa un vero e proprio trauma, detto “Post Infidelity Stress Disorder”.

Che sia stata scoperta o rivelata, chi subisce l’infedeltà vive sempre una grande perdita, quella della fiducia. Non è detto che si perda la persona amata, ma di certo si frantuma il senso di sicurezza e la fiducia. È questa la vera ferita insopportabile, che colpisce il cuore della persona e della coppia.

Tutto crolla, mentre montano i pensieri alla ricerca di un perché.

“Come è possibile? Ho dato fiducia a chi mi ingannava e non l’ho capito.”. Pensi a tutto quello che hai dato, mentre l’altro stava con un’altra persona. Magari il dialogo e/o il sesso non erano granché, eppure pensavi che le cose sarebbero migliorate. Avevi fiducia in voi.

Ti accusi di aver causato il tradimento perché pensi che non sei stata/o accondiscendente, amabile, sexy, presente, i figli o il lavoro sono stati onnipresenti.

Incubi e notti insonni scorrono, pensando a ciò che è andato storto, a cosa faceva, a come riuscire a perdonare o vendicarti, perché ha tradito quel patto sott’inteso di fedeltà ed aspettative, di esclusività reciproca. Motivo per cui a volte la vendetta offre la stessa moneta: la reciprocità almeno è “salva”…forse.

Col tradimento e la fiducia ferita, la crisi travolge la coppia, forse già traballante, e diventa fonte di cambiamento. Che tipo di cambiamento è tutto da decidere. Ma senza fretta.

Ci sono due scelte possibili: dividersi oppure restare insieme. Entrambe accomunate dalla fiducia ferita del tradimento e dal rischio della sopravvivenza estenuante.

Quali strade?

  • Dividersi

Quando la riconciliazione è inapplicabile, la rottura diventa la scelta obbligata.

Ma per non affossare le future relazioni con pregiudizi e gelosie, la persona dovrà leggere la sua storia e farne una risorsa. Affrontare la paura di essere tradita e ritrovare la sua autostima.

  • Restare insieme

Questa scelta può trasformare la crisi in un’opportunità di cambiamento verso una condizione migliore della precedente.

Ma per sortire l’effetto desiderato e non vivere in uno stato di sopravvivenza permanente e deludente, è necessario un tempo di guarigione per fidarsi di nuovo. Dare una chance al Noi, rinegoziandone la costituzione e l’equilibrio.

Come ricostruire una fiducia lacerata nella coppia?

Non c’è una formula, perché ognuno reagisce in modo diverso e il tradimento ha diverse forme e concezioni. Di certo è un percorso importante, di passi interiori e relazionali da compiere, in cui è fondamentale capire che la fiducia coesiste con la credibilità, sempre. Essere credibili e crederci permette di (re)imparare a (ri)fidarsi. E guarire giorno per giorno.

1. Appuratevi che l’altro non sia un/a adultero/a seriale.

2. Domandatevi: “Perché vogliamo rimanere insieme?”.

L’amore è fondamentale, per se stessi e per la coppia, e va ricontattato senza negarselo. Ma basta?

3. Se le bugie e il silenzio hanno contrassegnato il tempo dell’infedeltà e spesso anche quello precedente, ora è il tempo di una comunicazione autentica.

È necessario affrontare i motivi del tradimento, le ferite e le emozioni, senza far finta che non ci siano. Piuttosto bisogna esprimerli e capirli.

4. Accettare il dolore e tirarlo fuori, senza negarlo. Chi ha tradito spieghi il disagio che ha portato all’infedeltà, prendendosi la responsabilità delle sue scelte. Smetta di sminuire quanto ha fatto e pretendendo che scusandosi abbia già risolto tutto. Capisca cosa ha realmente ferito il partner ed entri nei suoi panni, senza stare sulla difensiva. Concedetevi tregue di ascolto senza “il tanto non ti credo” e “sei tu che mi hai portato a farlo”. La persona ferita scelga di non definirsi vittima ma protagonista, e di non chiedere i dettagli del tradimento. Appagano l’ansia ma distruggono l’equilibrio personale.

5. Leggete il tradimento come un sintomo della relazione, di cui prendersi cura per giungere al cambiamento. Create nuovi spazi neutrali. Ricercate ricordi significativi e di intimità. Non va distrutto tutto il passato.

6. Impegnatevi in atti concreti da promettere e compiere, ma non per dovere o sulla scia delle emozioni, ma perché ci credete e siete disposti a farli.

7. Servono costanza, pazienza e volontà quotidiani, da parte di entrambi i partner. Affetto, attenzione e grazie.

8. La riconciliazione e la fiducia richiedono un’altra scelta importante: perdonare. Il perdono aiuta prima di tutto la persona sofferente a non incolparsi e a guarire. Ritrovando il suo equilibrio potrà perdonare davvero il partner. È un percorso difficile ma non impossibile, se si vuole. Il primo step è accettare quanto avvenuto e decidere se andare avanti.

9. Se si sceglie di ricominciare, è importante non cadere nell’errore di recriminare e rivangare l’accaduto continuamente, di controllare il cellulare del partner o pedinarlo, di vendicarsi con dispetti, perché non impedirà che tradisca di nuovo, mentre toglierà forze e sorriso a entrambi. Ma se non ne potete farne a meno e…

10. …il fantasma dell’infedeltà permane, con tutte le sue emozioni dolorose per la fiducia ingannata, si fa assordante e invadente. Si genera una sofferenza costante nella coppia, ci si sente impotenti e senza uscita. Non vergognatevi e cercate un supporto professionale, individuale e/o di coppia.

Ti senti sopraffatto? Chiedi aiuto a One Session!

Ci trovi tutti i martedì dalle 18.00 alle 20.00. I nostri terapeuti ti aiutano ad ottenere un cambiamento immediato e duraturo, fornendoti strumenti pratici, concreti ed utilizzabili fin da subito per uscire dalla situazione problematica grazie alle tue stesse risorse!
Per prendere appuntamento, scrivi a info@onesession.it o alle nostre pagine Facebook e Instagram.

Riferimenti bibliografici

Giommi, R. (2010). Tradire. Segnali di confusione amorosa. Edizioni Sperling & Kupfer collana Open Space Paperback.

Glass, S., Coppock Staeheli, J. (2008). Not ‘Just Friends’: Rebuilding Trust and Recovering Your Sanity After Infidelity. Atria Books Editor

Gottman, J., Schwartz Gottman J. (2017). Dieci principi per una terapia di coppia efficace. Raffaello Cortina Editor

Meyers, S. (2012). Chatting or Cheating: How to Detect Infidelity, Rebuild Love and Affair-Proof Your Relationship. Heart Media Publishing

https://www.perspectivesoftroy.com/2020/10/07/post-infidelity-stress-disorder-causes-symptoms-and-treatments/ (consultato in data 8/2/2022)

https://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/adult-health/in-depth/infidelity/art-20048424 (consultato in data 8/2/2022)

 

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Come superare la fine di una relazione in età adulta

Come superare la fine di una relazione in età adulta, quando tutti i tuoi sogni e i tuoi progetti sono ridotti in frantumi e quando viene percepita come un fallimento personale?

È davvero possibile trasformare una fine in un percorso di rinascita e crescita personale?

La fine di una relazione

In un’interessante studio del professor Edward Smith della Columbia University (Kross et al., 2011) viene evidenziato come il dolore per la fine di una relazione stimoli le stesse aree cerebrali deputate alla percezione del dolore fisico.

Viene quindi da sé che tale evento può generare un’intensa sofferenza psico-fisica.

Non si sa la ragione di una tale associazione, ma si è ipotizzato che sia da ricondursi al naturale e istintivo bisogno di socializzazione dell’essere umano.

Il risultato è che la fine di una relazione, sia voluta che subita, porta spesso con sé un vissuto di dolore e rabbia, capace di intrappolarci in labirinti senza uscita.

Di fronte ad un dolore così grande è difficile riuscire e vedere cosa poter fare per trasformare una fine in opportunità.

Anzi, il nostro stesso futuro diventa un’idea vaga e lontana, e il solo pensare di riuscire a superare questo momento sembra un’offesa al dolore profondo che si sta provando.

Pensare di ricostruirsi una vita diventa, quindi, semplicemente impensabile.

Cosa cambia con l’età adulta

Con l’età adulta la reazione a queste esperienze si complica ulteriormente.

Da un lato perché la rabbia e il dolore sfociano spesso in un vissuto molto intenso di fallimento personale. Dall’altro perché la paura per il futuro e per la possibilità di costruirsi una famiglia sono più forti ed emotivamente più coinvolgenti.

Vivere la rottura come un fallimento personale ci da la sensazione di aver sprecato il proprio tempo, di aver sbagliato a valutare qualcosa e ci porta alla convinzione definitiva che ricostruirsi una vita sia impossibile.

Queste recriminazioni possono diventare delle vere e proprie accuse verso noi stessi e possono minare in maniera profonda la nostra autostima.

Da qui il forte senso di solitudine che ci fa vivere la mancanza del partner con un senso di profondo abbandono.

Anche le paure per il futuro giocano un ruolo fondamentale.

Con l’età adulta, infatti, il cosiddetto “orologio biologico” e le aspettative riguardo la nostra vita relazionale influenzano in maniera diretta la percezione delle nostre esperienze.

Una rottura può farci sprofondare nell’idea di dover ricominciare da capo e di non aver più tempo per ricostruirsi una vita!

Com’è possibile allora non rimanere travolti dalla fine della nostra relazione?

Come ricostruirsi una vita, anche in età adulta

Ricostruirsi una vita dopo una rottura, specie se in età adulta, sembra davvero difficile.

I sentimenti che proviamo e che generano confusione sono forti e connaturati ad un esperienza dal forte impatto emotivo

E allora cosa possiamo fare?

Il primo passo da compiere e ristrutturare la percezione di ciò che stiamo vivendo.

Invece di chiuderci nel labirinto del fallimento personale, dobbiamo muoverci sul piano della crescita personale.

Non siamo persone che hanno perso tempo e che devono ricominciare da zero.

Sei una persona che ha una storia ed un vissuto e devi “ri-scoprire” la tua vita oggi e rimodellarla sulla base di ciò che sei ora.

Cosa ti dice questa esperienza di te? Che cosa hai imparato dopo questo ostacolo? Di Quale insegnamento positivo o negativo puoi fare tesoro?

Tre azioni pratiche da poter implementare nella tua nuova vita da single.

  • Dai sfogo alle emozioni

Reprimere le emozioni non è mai una buona strategia. È molto più efficace trovare il tuo modo per far uscire ciò che hai dentro.

Puoi scrivere, senza rileggerle, le emozioni che stai provando, per distanziarti dai pensieri e arrivare alla consapevolezza che essi sono, appunto, pensieri.

Oppure piangi, lasciando che il corpo faccia uscire anche fisicamente il dolore che stai provando.

Semplicemente, puoi ritagliarti un’ora al giorno nel quale ripensare al dolore che provi. Alla fine di quell’ora, ti lavi la faccia con acqua fresca, ti asciughi il viso e torni alle tue attività.

Non importa la strategia che utilizzi, ciò che conta è far fluire l’emozione negativa che hai dentro.

 

  • Ridi in compagnia

Ridere genera una droga naturale, l’endorfina, mentre intrattenere rapporti sociali riduce lo stress dato dal carico emotivo della rottura.

Dopo gli “enta” o dopo una lunga storia, la rete sociale si riduce e spesso la pigrizia porta ad avere meno voglia di uscire.

Superare questo senso di isolamento e conoscere nuove persone ti aiuterà a ritrovare una tua dimensione e a sviluppare entusiasmo nella possibilità di sperimentarti in nuove relazioni.

Ricorda che non devi fare “tutto e subito”. Mettiti in gioco con dei piccoli passi.

Prima in situazioni più confortevoli e poi aumentando gradualmente la tua esposizione.

In questo modo riuscirai a gestire meglio lo stress e le emozioni che proverai.

 

  • Prenditi cura di te.

È prevedibile che tutto questo dolore, il tentativo di affrontarlo e le azioni di crescita personale generino in te forte ansia e stress. Per questo non devi dimenticarti di sviluppare un atteggiamento non giudicante nei tuoi confronti e accettare l’idea di chiedere aiuto, se ne senti il bisogno.

Le persone che amiamo possono darti un aiuto fondamentale, in questo senso, così some il sostegno di uno specialista può indirizzarti verso la strada giusta.

L’obiettivo finale sarà quello di ricostruire ciò che sei e riprendere in mano la tua vita.

Conclusioni

Ricostruirsi una vita dopo una rottura non è mai facile. Quando questo avviene in età adulta, il coinvolgimento emotivo, le energie spese ed i progetti futuri mettono un ulteriore pressione e rendono tutto il processo più complesso.

Se ti trovi in questa situazione, chiedi aiuto a One Session!

One Session è il nostro servizio di ascolto psicologico attivo il martedì dalle 18.00 alle 20.00,

Ti aiuteremo fornendoti strumenti e tecniche che ti permetteranno di rimetterti in gioco e sbloccare comportamenti non funzionali al tuo benessere. Scrivi a info@onesession.it e consulta le nostre pagine social di Facebook e di Instagram.

Bibliografia

Dunbar, R.I.M. et al. (2012). Social laughter is correlated with an elevated pain threshold. Proceedings of The Royal Society B: Biological Sciences, 279(1731), 1161-7.

Frattaroli, J. (2006). Experimental Disclosure and Its Moderators: A Meta-Analysis. In Psychological Bulletin, Vol. 132, n° 6, pp. 823–865.

Pennebaker, J.W. (2004). Scrivi cosa dice il cuore. Milano: Erickson

Stathopoulou, G. et al (2006). Exercise Interventions for Mental Health: A Quantitative and Qualitative Review. In Clinical Psychology: Science and Pratice, Volume 13, Issue 2, 179–193.

 

Sitografia https://www.lostudiodellopsicologo.it/psicologia/uscire-storia-finita-male/ https://www.lostudiodellopsicologo.it/psicologia/superare-fine-storia/ https://www.starbene.it/benessere/psicologia/quando-finisce-amore-come-stare-meglio/ https://www.crescita-personale.it/articoli/relazioni/amore/fallimento-in-amore-superare-la-fine-di-una-relazione.html https://www.ipsico.it/news/fine-di-un-amore-termine-di-una-relazione/

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5 suggerimenti per superare la paura dell’abbandono

La paura dell’abbandono, come tutti i sentimenti, si presenta in modo diverso da persona a persona.

Per alcune persone il timore di essere abbandonate si manifesta come una costante in tutte le relazioni intime o nella maggior parte di esse.

Chi ne soffre sa che si “innesca” dopo determinate situazioni: una telefonata promessa dal partner ma che tarda ad arrivare o quando viene in mente un pensiero particolarmente negativo, per esempio: “Cosa farei se questa storia finisse?”.

La paura dell’abbandono è di solito associata alla sensazione che le persone importanti siano instabili o non affidabili.

Per questo motivo non continueranno nel tempo a offrire sostegno, supporto, presenza e affetto, abbandonando la persona o addirittura “sostituendola” con qualcun altro “migliore” di lei.

Tale vissuto è associato all’incapacità di poter prendere in considerazione la possibilità che le relazioni possano finire, che l’altro possa allontanarsi, o addirittura lasciarci.

Così, ogni comportamento della persona sarà orientato al mantenimento della relazione, magari nella convinzione che questo significhi “amare”.

Oggi, in questo articolo voglio darvi 5 suggerimenti da mettere in atto fin da subito per imparare a gestire e superare la paura dell’abbandono.

SUGGERIMENTO 1: Riconosci e accetta le tue paure

Le paure non sono sempre qualcosa di negativo, ci aiutano a stare all’erta nei problemi di difficoltà. Studiare, comprendere e accettare le nostre paure è il primo passo per elaborarle e superarle.

Ricordati che in natura il coraggio non esiste. Ma esiste la paura.

La paura che, se guarda in faccia e affrontata, diventa coraggio. Hai mai sentito un eroe che, senza combattere alcuna battaglia è stato definito coraggio?

SUGGERIMENTO 2 – Agire nel presente affinché certe modalità relazionali non si riattivino costantemente

Quindi, fare qualcosa per cambiare e modificare concretamente il tuo agire, soprattutto nelle relazioni. Questo implica il rendersi conto, nella quotidianità, delle dinamiche che si attivano. Serve fare un passo indietro per farne uno in avanti. Qualcosa di alternativo a ciò che, automaticamente, hai la tendenza a mettere in atto.

Chiediti: quali sono le cose che sto mettendo in atto e che anziché risolvere la mia paura dell’abbandono, la stanno mantenendo in vita o addirittura peggiorando?

Ad esempio, in una situazione nella quale il partner sta tardando ad un appuntamento senza avvisare, potrebbe essere utile allenarsi a riconoscere i propri pensieri e le proprie emozioni che ne derivano.

Si può poi scegliere di adottare comportamenti che siano più funzionali per sé (e forse per la relazione stessa). Chiediti sempre: cosa potrei fare di diverso e più funzionale?

SUGGERIMENTO 3 – Esporti, gradualmente, alle situazioni e alle sensazioni che temi di più

Talvolta il timore dell’allontanamento dell’altro è legato anche al timore di non potercela cavare da soli. Può quindi essere utile fare esperienze da sola che ti permettano di sentirti più competente e autonoma. Che incrementino il tuo senso di efficacia personale.

SUGGERIMENTO 4 – Conoscerti davvero

Se nella tua storia relazionale hai avuto spesso la tendenza ad annullarti per allinearti a quelli che erano i desideri degli altri, è importante imparare a conoscerti davvero. Serve riscoprirsi: chi sono io oggi? cosa mi piace davvero? di cosa ho bisogno? cosa non mi piace? Parti dalle piccole cose.

SUGGERIMENTO 5 – Prenditi cura di te

Riconosciti come una persona meravigliosa e meritevole di essere amata. Non inseguire chi non è disponibile o scappa. Le vere relazioni si creano a partire da persone che vogliono partecipare alla relazione perché vogliono conoscerti. Molto spesso chi fugge ha problemi a vivere le relazioni o non è interessato e pertanto meglio lasciarlo andare via senza rimpianti o paranoie.

Tutti questi suggerimenti, consentendoci di vedere meglio noi stessi (e l’altro) per quel che davvero si è, diventano importanti per poter sperimentare una relazione che sia veramente appagante e soddisfacente.

Non è facile sperimentarsi in modalità così diverse da quelle cui siamo abituati. E non è facile tollerare le emozioni che questo comporta. Ma è possibile farlo a piccoli passi.

La terapia a seduta singola può essere un utile mezzo per incrementare la consapevolezza di certe dinamiche, per dare loro un significato ed anche in un singolo incontro si possono trovare strategie efficaci per mettere a tacere la tua paura dell’abbandono. Aiuta a contenere le esperienze emotive dolorose che le accompagnano e sperimentarsi in nuove modalità, nonostante la comprensibile paura, in tempi brevi.

Ti ricordo che ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00 gli Psicologi del One Session Center sono al tuo servizio online e gratuitamente.

Contattaci alla mail info@onesession.it oppure tramite le nostre pagine Facebook e Instagram

Riferimenti bibliografici

Cabras E., Saladino V. (2019). La dipendenza affettiva. Testimonianze e casi di manipolazione e violenza. Roma: Carocci Editore.

Secci E.M. (2015). I narcisisti perversi e le unioni impossibili. Youcanprint Self-Publishing

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Come capisco se sono vittima di Gaslighting?

Cosa è il Gaslighting?

Dare un nome a qualcosa significa dare vita ad una realtà.

Il termine gaslighting, letteralmente illuminazione a gas, richiama alla memoria l’immagine del lavoratore che nell’800 girovagava per le strade con un’asta lunga con all’estremità una fiammella che dava luce alle strade e un’asta con un cono capovolto con cui spegneva le fiammelle dei lampioni alle prime luci dell’alba.

Una luce intensa e di lunga durata quella prodotta dal processo di combustione.

Una luce, la cui accensione e il cui spegnimento dipendevano da un uomo che gestiva il giorno e la notte.

Altrettanto intense e durature sono le caratteristiche del fenomeno psicologico che viene identificato con tale termine e che fa riferimento ad una classe di problemi al centro tra il mondo giuridico e quello della clinica psicologica.

Un fenomeno dipendente da un soggetto, il gaslighter, capace di avere il controllo sul complesso meccanismo psicologico di un altro individuo.

Cos’è di preciso il gaslighting?

Potremmo definirlo come una forma di abuso psicologico.

Una tecnica manipolatoria capace di soggiogare al proprio volere la volontà di qualcun altro, sia esso partner, familiare o persona legata da una relazione amicale, affettiva o lavorativa.

Una forma di violenza psicologica, subdola, lenta e sottile.

Un sopruso, spesso complesso da individuare, riconoscere e dimostrare.

Come si manifesta il gaslighting?

Attraverso la manipolazione mentale, con una modalità costante e infida.

La vittima, preda di raggiri e bugie, è portata a dubitare di tutto, di tutti e persino di se stessa spesso senza accorgersene e pertanto senza denunciare.

Un gioco di inganni capace di creare nella vittima una paralisi emotiva che la spinge a vedere una realtà distorta e a vivere un profondo senso di inadeguatezza e smarrimento.

La violenza psicologica ha come caratteristica principale quella di disorientare, portando la persona a credere a false informazioni e a dubitare così della propria memoria e della propria percezione.

Chi è il gaslighter?

La letteratura clinica ha provato a definire e spiegare il fenomeno, analizzandone caratteristiche e aspetti fondamentali.

Fenomeno, quello del gaslighting, che ha ispirato anche la letteratura cinematografica che ha raccontato nel tempo diverse storie di sopraffazione psicologica.

Tormento e potere nel film Gaslight (in italiano Angoscia) del 1946, ispirato all’omonima opera teatrale del 1938.

Racconta la storia di Paula, una donna che verrà portata alla pazzia dal marito capace di controllarla fino anche a manipolare i più piccoli dettagli della loro vita.

Sarà questa pellicola ad ispirare quelle successive, tra cui ricordiamo anche La ragazza del treno del 2016 che ha come protagonista Rachel, una donna a cui il marito ha minato le sicurezze spingendola a non fidarsi neanche di sé stessa.

Cosa ricava il manipolatore dal suo comportamento?

Scopo del gaslighter è quello di ottenere una serie di vantaggi di natura relazionale, materiale, economica che mirano al controllo totale sull’altro. Un desiderio di potere e ti affermazione della propria superiorità.

Si tratta di un disturbo psicologico che definisce una personalità patologica che va ad inserirsi in un quadro relazionale altrettanto patologico, difficile per la vittima da riconoscere e quindi da denunciare.

Il gaslighter riesce a demolire tutti i punti di vista e di riferimento della sua vittima. In che modo?

  •  svalutandone sentimenti, sensazioni e agiti;
  •  insinuando dubbi sul suo sistema valoriale, affettivo, emotivo;
  •  mettendo in dubbio i ricordi che la persona ha e sostituendoli con nuove credenze;
  •  isolando in maniera totale la persona dalle sue passioni, i sui interessi, le sue relazioni.

Questo metterà la vittima in condizione di non potersi confrontare con l’esterno e pertanto di non riconoscere come sbagliate o dannose determinate dinamiche relazionali.

Come in una caccia, la vittima diventa preda di chi se ne impadronisce seguendone tracce e movimenti. Si crea un incastro relazionale soffocante che porta la vittima a sperimentare uno stato di totale sudditanza psichica.

Per comprendere come si crea un rapporto così distruttivo, manipolatorio e invasivo dal punto di vista emotivo, psicologico ed esistenziale bisogna tenere conto della natura inquietante del gaslighting che è dato da una forte pulsione al possesso e al controllo da parte di chi lo esercita.

Come capire se si è vittima di gaslighting?

Il gaslighting è un processo lento.

Una goccia d’acqua che cade incessante da un lavandino malfunzionante.

Un processo perverso che si consuma giorno dopo giorno.

Una vera e propria tecnica di manipolazione mentale che distrugge l’autostima e consiste in:

  •  raccontare bugie in maniera convincente per destabilizzare la vittima e insinuare un dubbio costante;
  •  negare la realtà e affermarne una propria per portare la persona a dubitare dei fatti e delle proprie convinzioni;
  •  fare leva su ciò che si conosce dell’altro per entrare più facilmente nella sfera emotiva e sentimentale;
  •  mirare alla confusione per distruggere gli equilibri dell’altro;
  •  mettere le altre persone contro la vittima per fare in modo che questa non sappia più a chi rivolgersi o a chi credere;
  •  convincere gli altri che la vittima non è affidabile e quindi gli altri avranno dubbi circa le sue eventuali richieste di aiuto;
  •  convincere che tutti mentono e portare la persona a fidarsi solo del manipolatore.

Giunta al suo apice, la manipolazione diventerà cronica e porterà la vittima a vedere il suo abusatore come colui che potrà salvarla dalle bugie e dalla cattiveria del mondo esterno.

Quali sono le conseguenze del gaslighting per la vittima?

Le conseguenze sono diverse e possono portare la vittima a sentirsi in un costante stato confusionale, di stanchezza e di vergogna.

L’isolamento rappresenterà pertanto una via di fuga dalla realtà e una risposta al senso di inadeguatezza fisica ed emotiva.

Nei casi più gravi la via di fuga può essere anche rappresentata dalla messa in atto di azioni suicidiarie.

Paura e dipendenza rendono difficile la denuncia di tali condotte, spesso mascherate da atteggiamenti di attenzione e protezione.

Talvolta si arriva alla richiesta di aiuto per altri motivi (ansia, depressione, etc.) e quindi di fondamentale importanza sarà l’attenzione degli amici, familiari o del clinico per indirizzare la persona verso il reale problema.

Ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 Minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

 

Riferimenti bibliografici

Filippini S. (2005). Relazioni perverse. La violenza psicologica nella coppia. Milano: Franco Angeli

Angeli F., Radice E.. (2009). Rose al veleno, stalking. Storie d’amore e d’odio. Milano: Bompiani

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4 Consigli per far funzionare una relazione a distanza

Le relazioni a distanza funzionano?

Una canzone diceva: “La lontananza sai è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama”.

E’ vero, quando due persone che stanno insieme vivono separate da chilometri di distanza, il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” può trasformarsi in una realtà e la relazione può essere destinata a finire. 

Il periodo trascorso di quarantena ha messo a dura prove molte relazioni che sono state obbligate a rimanere a distanza per andare in contro alla normativa in atto. 

C’è chi è sopravvissuto alla mancanza e chi invece ha ceduto e ha deciso di mettere la parola fine. 

Cosa vuol dire vivere distanti da chi si ama?

A quanti di voi è capitato di trovarsi lontano dal proprio partner? 

Non parlo ovviamente di una separazione temporanea, ma chi per un motivo o per un altro, viveva in un posto diverso rispetto al proprio compagna/o. 

Questa condizione tanto temuta da alcuni non è in realtà la fine del mondo, nel senso che molte coppie sono riuscite a far funzionare la relazione nonostante la lontananza. 

Ogni relazione comporta delle riflessioni su come gestire il rapporto, su quante volte vedersi, sullo stare insieme e sull’organizzare il proprio tempo. 

A maggior ragione, se si parla di relazioni a distanza che sono uno scenario alquanto interessante. 

Infatti i partner non sono fisicamente disponibili “ al bisogno” e quindi l’organizzazione del tempo diventa più serrata e organizzata di quanto sarebbe nella quotidianità. 

Bisogna interfacciarsi con alcune problematiche: 

  • la modalità di comunicare è relegata a una sola: online. Non c’è modo di “ prendersi un caffè al volo per parlare”. Manca la fisicità dell’altro. 
  • La sfera sessuale è relegata a momenti ben precisi e può diventare preponderante in alcuni casi (per la mancanza e l’affetto) rispetto ai conflitti e/o bisogni della coppia.
  • Si vivono due vite diverse: i partner non condividono lo stesso ambiente sociale e si costruiscono un identità del tutto assestante in questo senso. Spesso sono soli negli eventi o si privano di altri proprio per poter stare insieme. Diventa difficile organizzare la vita sociale e riuscire a venire a patti con le proprie necessità, perché spesso si va incontro a un sacrifico che non sempre è ricambiato e/o compreso.
  • I conflitti, i problemi, la rabbia sono l’aspetto più difficoltoso da gestire a distanza: spesso si va incontro a fraintendimenti, lunghi silenzi e problemi tecnici di comunicazione. 

Cosa puoi fare se hai una relazione a distanza?

L’importante è riuscire a creare un identità comune di coppia, anche se la distanza ci mette lo zampino. 

I presupposti per una relazione funzionante sono gli stessi che per qualsiasi altra relazione, con la differenza che è richiesto un impegno maggiore dai partner poiché i problemi più semplici vengono spesso amplificati. 

1. Create una routine

Decidete quando sentirvi o vedervi. Stabilitelo con chiarezza, creando una routine che vi faccia sentire più vicino, più sicuri e non vi faccia cadere in frustrazione. 

2. Condividete

Solo perché lontano, il partner non deve essere escluso dalla vostra vita; al contrario, coinvolgetelo il più possibile, rendendolo partecipe di ciò che vi succede, di quello che pensate, sentite e fate. In questo modo non solo avrete sempre di che parlare, ma vi permetterà di costruire un intimità più profonda. 

3. Non lasciatevi rodere dai dubbi

E’ facile cadere preda di dubbi e domande poiché il partner non è “sotto il vostro controllo”; la distanza infatti non aumenta o diminuisce la fiducia che riponete in una persona. Se vi rendete conto che siete sospettosi, gelosi o preoccupati, probabilmente è perché non avete costruito delle valide fondamenta di fiducia in principio e/o perché il comportamento del partner è dubbio o poco chiaro. 

In questi casi la miglior strategia è la comunicazione. 

4. Non perdete di vista la vostra vita 

Come in ogni coppia che funzioni, oltre all’identità comune, è sempre importante costruirsi una propria identità con amici, attività, lavoro e quant’altro. 

Solo perché lontani, non rinunciate a ciò che vi piace e non perdete di vista i vostri obiettivi. Ne risentirà anche la relazione. 

Se ti rendi conto che hai bisogno di un sostegno in più, puoi decidere di intraprende un percorso psicologico: in questi casi la Terapia a Seduta Singola è utile per risolvere il problema anche in una sola seduta, definendo l’obiettivo, individuando le risorse e utilizzando strategie mirate per il problema in questione. 

In alternativa puoi usufruire del nostro centro di ascolto psicologico One Session Center che offre una consulenza gratuita di 30 minuti ogni martedì con uno dei nostri professionisti specializzati nella Terapia a Seduta Singola. Contattaci alla pagina Facebook OneSession.it.

 

Riferimenti bibliografici

Algeri, D., Guarasci, V., Lauri, S., (2019). La coppia strategica. EPC Editore

Nardone, G. (2018). Psicotrappole ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle. Ponte alle Grazie

 

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5 suggerimenti per avere una relazione di coppia sana

La relazione di coppia è un legame paritario, tra due persone, basato sulla scelta reciproca di amarsi e rispettarsi con fiducia.

Amore, parità, autonomia, reciprocità, rispetto, fiducia e piacere solo sono alcuni degli ingredienti base per vivere un rapporto sano.

La parola Relazione, dal latino Relatum= “portare indietro”, “ricambiare”, “rinnovare”, ci india un movimento, un dinamismo interiore ed esteriore, dei partners.

La dinamicità è elemento essenziale e imprescindibile alla vita, e in una relazione sana e vitale non poteva mancare… In fondo, chi vuole morir di noia?? Un rapporto fermo perde il piacere di esistere.

In una relazione di coppia c’è uno scambio di elementi, così come all’interno della persona stessa.

Ogni partner porta con sé risorse e limiti, esperienze, tradizioni e amicizie del passato, ma anche credenze ed emozioni costruite nel presente, desideri e aspettative per il futuro personale e della coppia.

Questa molteplicità di dimensioni che si intrecciano, va valorizzata e al contempo confinata nel giusto ordine, per costruire un rapporto sano e piacevole.

Ma, non basta l’amore? Si… e no. È necessario che il sentimento sia accompagnato da scelte e comportamenti concreti e reciproci per essere alimentato.

Vediamone alcuni.

1. Fare squadra

La vita di relazione è un po’ come una partita, in cui ogni giocatore fa la sua parte, concordata, al meglio.

L’avversario non è l’altro, ma la noia e l’abitudine. Il dare tutto per scontato.

Quando una squadra pensa già di vincere, di conoscere ogni mossa, smette di comunicare e guardarsi per decidere una comune strategia. Abbassa la guardia. I componenti si muovono come isole. Risultato, il più delle volte perde.

Siate complici, supportandovi reciprocamente. Aiutatevi nella gestione della casa. Ognuno scelga dei servizi secondo le proprie abilità e passioni. E ruotate per i rimanenti. Condividete le vostre difficoltà, prima che diventino insormontabili, e confrontatevi.

2. Ringraziare

Due volte a settimana ringraziatevi per ciò che l’altro si è proposto di fare, per ciò che ha condiviso, per l’attenzione mostrata, soprattutto per le piccole cose.

Fatevi complimenti, ed esprimete le vostre emozioni positive e negative. A turno, l’altro ascolti senza pregiudizio.

Questo alimenterà la soddisfazione e il piacere di aver pensato all’altro e quindi alla coppia. Soprattutto ci si sentirà accettati e rispettati per ciò che si è, per le differenze che uniscono e non allontanano. E anche la sessualità ne beneficerà.

3. Effetto sorpresa

Essenziale è alimentare la piacevolezza in una relazione di coppia. Dedicate del tempo a voi.

La quotidianità può far credere di passare già troppo tempo insieme o di non averne affatto. Il tram tram può abbassare il desiderio sessuale e l’intimità emotiva e fisica. L’abitudine spegne la voglia di aprirsi alla novità. Non mollate! Puntate all’obiettivo della coppia.

A sorpresa l’uno decida un’attività da fare insieme all’altro, organizzi tutto nei dettagli. E l’altro accolga fiduciosamente. Anche in questo caso, benessere ed equilibrio nascono dall’attenzione e scambio reciproci!

4. Piccoli aggiustamenti

Ognuno è diverso e unico, così come ogni coppia, e incastrarsi non è sempre automatico. Ma soprattutto non è necessario esserlo, non su tutto… anzi! Ciò che è importante è trovare il giusto equilibrio all’interno della coppia. Non aspettare che le cose cambino da sole, o che l’altro cambi.

Si possono fare piccoli aggiustamenti reciproci. Accomodamenti per trovare la vostra conformazione. Diversamente, si possiede la persona, si usa un potere che distrugge la parità e la reciprocità. Elementi fondanti una relazione di coppia sana.

Ricordate, l’opposto dell’amore è il possesso, il potere, non l’odio. Un modo per non cadere in questa trappola è riconfermare la propria scelta, ogni giorno.

5. Autonomia e priorità

La priorità è la coppia.

È vero che ogni partner porta con sé un passato che non va rinnegato, ma deve avere il suo giusto posto nella storia della coppia. È opportuno svincolarsi dalla famiglia d’origine, soprattutto quando per mille motivi interferisce con le scelte della coppia e la sua intimità.

A volte il partner interessato non mette dei confini e l’altro subisce l’invasione. Il risultato? Liti e Separazione.

Tra le priorità non dimenticate i progetti comuni e quelli personali, da supportare e non da ostacolare! La coppia necessita di spazi propri per nutrirsi e crescere, staccando dalla quotidianità. Al contempo è composta da individui che devono coltivare interessi personali.

Prendersi cura di sé e dei propri spazi, non significa escludere l’altro, ma contribuisce ad arricchire la coppia stessa. L’autonomia favorisce l’accettazione delle differenze, dunque a riconfermare la propria scelta e ad evolvere. Diversamente la frustrazione di perdere parti di sé, a lungo andare produce allontanamento, rancori, apatia.

Laddove non ci sia stata evoluzione nella relazione, si avrà un rapporto conflittuale, silente oppure simbiotico.

Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

Riferimenti Bibliografici

Algeri, D. (2018). La coppia strategica: Guida pratica per un sano rapporto di coppia. Roma- EPC Srl Socio Unico.

Watzawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Astrolabio, Roma.

Compare A., Molinari E., Ruiz J., Hamann H., Coyne J. (2007) Contesto interpersonale e qualità della relazione di coppia come fattore di protezione/rischio in pazienti con malattia cardiaca. In: Mente e cuore. Springer, Milano.

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2014/09/18/cassazione-nulle-le-nozze-del-marito-mammone_53e6df00-b5ee-4947-b754-421239bdef9c.html (consultato in data 22/7/2021)

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Gelosia: ecco 3 suggerimenti per imparare a gestirla

La gelosia è il disagio che si prova all’idea di perdere l’affetto o l’attenzione di una persona che conta ed è un fenomeno normale in tutti i rapporti umani.

È presente sia nell’amicizia, sia nella coppia, ed è legata all’idea di poter essere messi al secondo posto da un amico o dal partner, vedendosi quindi preferire qualcun altro.

Se moderata e, soprattutto, se limitata ad una situazione specifica e ad un tempo specifico, le gelosia è normale e sana.

Diverso è quando è presente spesso o sempre e quando non è legata ad una situazione specifica, ma a generalizzata a qualsiasi tipo di situazione.

Qualcuno diceva “Se una scintilla è in grado di illuminare una stanza, una fiammata rischia di bruciarne il suolo” ed è questo che fa la gelosia estrema: rade al suolo la tua relazione.

Perciò, è necessario che tu impari a gestirla.

Perché dico gestirla e non eliminarla?

Perché la gelosia è un’emozione come tutte le altre, è certamente più complessa di quelle di base (come la paura, rabbia, felicità e tristezza) ma è sempre una emozione.

Si tratta quindi non di una “cosa fissa” ma di un processo! Per cui se pensavi di eliminare la gelosia mi dispiace dirti che non è possibile così come non è possibile eliminare la tristezza.

Ecco però 3 suggerimenti per gestirla.

1. La profezia che si autoavvera

I continui sospetti, le accuse, i litigi e le ostilità, non fanno altro che aumentare la distanza tra te ed il tuo partner. Immagino che al solo pensiero di perderlo hai paura, ansia ed inizi a controllarlo per sapere tutto sulla sua vita, a spiarlo, a chiedere continue rassicurazioni: devi per forza sciogliere ogni dubbio.

Questo è il paradosso della gelosia: quello di ottenere proprio ciò che più si teme. Stremato dai continui litigi e dalle continue giustificazioni che è costretto a trovare per appianare le discussioni, il partner tenderà a tenerti all’oscuro da certe informazioni, nel tentativo disperato di evitare scenate e non rovinare questo clima di apparente tranquillità. Ma, paradossalmente, il partner geloso diverrà ancora più sospettoso, trovando conferma ai dubbi che lo attanagliano.

Quindi, ciò di cui devi avere veramente paura è di continuare a sottoporre il partner alle tue pressioni, perché è proprio questo che potrebbe indurlo a fare ciò che vuoi evitare che accada.

2. Stop ai confronti!

Questo atteggiamento è indice di bassa autostima e non porterà mai delle risposte utili al vostro rapporto; al contrario, finirà per esaltare i tuoi lati negativi realizzando le tue paure e allontanando l’altro da te.

Focalizzati piuttosto su di te: se non siete sicuri del vostro valore personale, qualsiasi cosa venga fatta per dimostrare amore non sarà mai abbastanza.

Ha scelto voi, esprimete i vostri dubbi quando sono sensati e lasciatevi andare.

Più crederete in voi stesse e più vivrete meglio la relazione.

3. Agisci!

Se davvero vuoi imparare a gestire la tua gelosia, allora devi agire!

È inutile che rimani rinchiuso in casa a rimuginare, ad arrabbiarti da solo, a immaginare gli scenari peggiori del tuo partner con chissà chi.

Smettila di evitare le situazioni dove potresti sentirti “geloso” ed inizia ad affrontarle.

Prima di metterti alla prova può esserti utile tenere un diario di bordo della gelosia: Metti per iscritto gli episodi in cui hai agito spinta dalla gelosia e chiediti: cosa ho fatto, quali sono state le conseguenze nell’immediato e dopo qualche tempo. Sono state conseguenze positive per il rapporto di coppia?

Cerca delle alternative e sperimentale nella quotidianità partendo da quella che percepisci come più semplice e procedendo un piccolo passo alla volta.

Se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a un professionista.

La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro con lo psicologo perché ti permette di eliminare i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenere concreti benefici.

Sei interessato alla Terapia a Seduta Singola? Puoi rivolgerti ai nostri psicologi e psicoterapeuti, disponibili ogni martedì dalle 18.00 alle 20.00, per una consulenza gratuita online. Scrivi sulla pagina Facebook One Session.it

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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5 strategie di comunicazione che danneggiano la tua relazione di coppia

La Comunicazione di coppia è uno degli ingredienti fondamentali per fare in modo che la coppia funzioni.

A volte pensiamo, erroneamente, che debbano accadere sempre grandi eventi – tradimenti, bugie, problemi nell’educare i figli – perché all’interno di una coppia si creino attriti, incomprensioni e litigi.

In realtà dimentichiamo uno degli aspetti fondamentali di una relazione, del vivere l’uno accanto all’altra: mi riferisco al fatto che la coppia, interagendo, prima di qualsiasi altra cosa comunica, dialoga, potremmo dire ‘vive nella comunicazione’.

Proprio per questo motivo è importante riconoscere quali errori comunicativi sono presenti nella comunicazione di coppia per modificarli ed eliminarli.

Vediamo in questo articolo quali sono.

1. Puntualizzare

Come scriveva Oscar Wilde, ‘con le migliori intenzioni si ottengono gli effetti peggiori’. Ed è quello che succede nel momento in cui puntualizzi costantemente qualcosa al partner.

Puntualizzare, significa chiarire, specificare e precisare, anche in modo eccessivo e pesante, le situazioni e le condizioni, le sensazioni e le emozioni nel rapporto con l’altro.

“Guarda che si fa così…”, “Mi raccomando…”, “Guarda che in realtà…”

Puntualizzare è un tipo di comunicazione che apparentemente può far pensare ad una strategia per evitare quegli equivoci e quelle incomprensioni che potrebbero trasformarsi in attriti e conflitti. In realtà avviene esattamente il contrario: è proprio il puntualizzare che prepara il terreno per i conflitti. È, infatti, fastidioso sentirsi sempre dire e spiegare come stanno i fatti o come dovrebbero essere per funzionare meglio.

2. Recriminare

È sicuramente un ingrediente altamente velenoso!

Recriminare fa leva sui sensi di colpa dell’altro, ponendo sul banco degli imputati in un processo infinito. E qualsiasi persona, quando si trova sotto processo, reagirà attaccando o fuggendo.

Le accuse sono facilmente riconoscibili: sono sempre alla seconda persona singolare “TU” e contengono parole come “sempre” e “mai”.

3. Rinfacciare

“Mi sono sacrificato per te!”, “Non sai quanto mi è costato venire a quella cena!”

Colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro e, da questa posizione di dolore, usa la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata. Spesso con scarsi risultati.

4. Predicare

Questa strategia disfunzionale consiste nel proporre ciò che è giusto o sbagliato a livello morale e, sulla base di questo giudizio, esaminare e criticare il comportamento dell’altro. Ma si sa…l’effetto sermone non fa altro che aumentare la voglia di trasgredire alle regole.

5. Biasimare

Biasimare è una forma di comunicazione che non contiene una critica diretta, diversamente dalle altre forme di comunicazione che abbiamo visto sopra.

Chi biasima solitamente utilizza in un primo momento dei complimenti, ma subito dopo essersi complimentato aggiunge una seconda parte in cui afferma che avrebbe potuto fare di più o fare meglio o fare qualcosa di diverso.

Chi riceve questa comunicazione rimane interdetto perché riceve due messaggi contrastanti.

Biasimare è una strategia incredibilmente efficace per creare problemi quando non ce n’è nemmeno l’ombra!

Altri atti comunicativi fallimentari

“Te l’avevo detto!” una sentenza in grado di scatenare le furie anche della persona più mansueta.

“Lascia…faccio io” che appare come una gentilezza ma che in realtà nasconde una forma di sottile squalifica delle capacità dell’altro.

“Lo faccio solo per te” sacrificandosi per l’altro in modo unidirezionale, facendolo sentire in debito e inferiore poiché bisognoso di tale gesto di “generosità”.

In conclusione…

Parafrasando Wittgenstein: “le parole sono come pallottole”, dobbiamo quindi imparare a usarle accuratamente, per non creare danno a noi stessi e agli altri.

E tu quale tipo di comunicazione rintracci all’interno della tua coppia?

Se sentissi il bisogno di parlare con uno specialista, non esitare a chiedere aiuto: ogni Martedì dalle 18:00 alle 20:00 gli psicologi del team “One session” sono a tua disposizione per una sessione gratuita di consulenza psicologica a seduta singola di 30 minuti.

Per maggiori informazioni, puoi inviare una email a info@onesession.it o visitare la nostra pagina FB OneSession.it

Riferimenti bibliografici

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Milano: Ponte alle Grazie.

Zeig, J., Kulbatski, T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte alle Grazie.

 

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Ho paura di amare: la Filofobia

E’ un po’ di tempo che sei single e vorresti trovare qualcuno con cui passare il tempo.

Vorresti innamorarti, fidanzarti e magari mettere su famiglia.

Puntualmente, però, trovi solo persone sbagliate e ti chiedi se la sfortuna smetterà mai di perseguitarti.

 

E’ possibile che tu abbia solo bisogno di tempo per incontrare il tuo lui o la tua lei, poiché sei abbastanza convinto/a di ciò che vuoi e non ti accontenti.

 

E’ anche possibile però, che tu abbia in cuor tuo una grande paura di amare, poiché amare significa mettersi in gioco, correre dei rischi con la probabilità di essere lasciati e di soffrire.

 

Forse soffri di filofobia.

 

Che cos’è la filofobia?

 

Non si tratta di una semplice preoccupazione: amare spaventa tutti a modo suo.

La paura di amare in questo caso si riferisce a un disagio ben più profondo che si caratterizza per comportamenti che sabotano puntualmente ogni rapporto.

 

La parola “filofobia” viene dal greco e significa appunto paura d’amare.

Chi sperimenta questa condizione, soffre di alcuni sintomi tipici del disturbo d’ansia, come tachicardia, sudorazione, agitazione e nausea.

 

Si tratta di un intensa e eccessiva preoccupazione di instaurare rapporti affettivi duraturi nel tempo. Si temono le emozioni e la sofferenza, da cui si scappa costantemente, evitando le situazioni d’incontro, fino a raggiungere in alcuni casi l’isolamento.

 

A tratti, nei casi più conclamati, si parla di “anoressia mentale” per sottolinearne l’intensa paura che provoca l’idea di “ingerire” emozioni e sentimenti, considerati pericolosi dalla persona, insieme alla paura di essere rifiutati o abbandonati.

 

Perché hai paura di amare?

 

Innamorarsi spaventa in ogni caso, perché è un libro che compriamo senza conoscerne il finale; siamo al contempo eccitati e spaventati chiedendoci se ci piacerà.

 

Potresti aver attraversato momenti difficili nella vita o essere stato vittima di relazioni tormentate oppure un vissuto familiare complesso.

Ci sono tanti fattori che concorrono a costruire questa paura cosi profonda.

Eccone alcuni:

 

Paura di perdere il controllo: voler avere tutto sotto controllo, in realtà provoca l’effetto contrario. Stare insieme a qualcuno significa infatti abbandonare in parte il controllo sull’altro, sulle emozioni e sulla vita, vivendo il qui e ora insieme al partner.

 

Paura di essere abbandonati: hai paura di soffrire, di non saper cosa fare di fronte alla possibilità di essere lasciato/a. Così eviti la relazione, piuttosto che sperimentare e renderti conto di avere più risorse di quanto tu pensi.

 

Bassa autostima:  Non ti consideri abbastanza per essere amato/a da qualcuno. Non credi sia possibile che le tue qualità vengano notate e per questo neanche lasci la porta aperta all’altro: questo tuo comportamento in realtà conferma ogni volta la tua ipotesi; più pensi di non piacere, più non fai nulla di diverso per farti cambiare idea e più la tua idea si conferma.

 

Cosa puoi fare?

 

  1. Evita di evitare:

 più eviti e più la paura prende il sopravvento. Lo so che è difficile, ma evitare il problema non porta alla sua risoluzione, piuttosto al suo mantenimento. Inizia ad affrontare con piccoli passi le tue paure, così da dimostrare a te stesso che sei in grado di fronteggiare le situazioni che non credevi possibili.

 

  1. La profezia che si auto avvera:

Smetti di anticipare gli eventi. La paura anticipa ciò che temi, attraverso i pensieri che ronzano nella tua testa, ma anche attraverso i tuoi comportamenti.

 

E’ possibile che tu metta in atto un copione ogni volta che incontri una persona o inizia una relazione, che provoca sempre lo stesso risultato, conferma doti il tuo pensiero.

Prova ad analizzare ciò che fai e non fai per vedere se ci sono degli schemi ricorrenti.

In quel caso ti invito a fare qualcosa di diverso, se vuoi ottenere un risultato diverso.

 

Se pensi di aver bisogno di un supporto in più, puoi rivolgerti a un professionista.

 

La Terapia a Seduta Singola può aiutarti anche in un solo incontro con lo psicologo perché ti permette di eliminare i comportamenti che mantengono in vita il problema e ottenere concreti benefici.

 

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Riferimenti Bibliografici

Algeri D, Guarasci V, Lauri S, (2019) La coppia strategica. Guida pratica per un sano rapporto di coppia. Roma. EPC.

Zeig J.K, Kulbatski T. (2012). I dieci comandamenti della coppia. Milano: Ponte delle Grazie.

 

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Scrivere per superare la fine di una relazione

Perché le relazioni finiscono? Perché ad un certo punto la persona che credevamo sarebbe stata al nostro fianco per tutta la vita esce di scena?

Le motivazioni per cui una relazione finisce sono molteplici. Talvolta le cause possono essere degli eventi esterni che portano la coppia a separarsi, forzatamente. Altre volte invece ci si accorge di non condividere più gli stessi valori, perché si è cambiati. Altre volte ancora i partner non riescono più a fidarsi l’uno dell’altro, dopo tradimenti o bugie.

Qualsiasi sia la causa della rottura, entrambi i partner saranno invasi da una serie di vissuti ed emozioni, talvolta difficili da gestire.

Le fasi della fine di una relazione

La fine di una relazione porta con sé la perdita di una persona molto cara. Proprio per questo motivo questo evento può essere paragonato ad un lutto.

E come nel lutto, si passa attraverso una serie di fasi che, dopo rabbia e sofferenza, permetteranno ai protagonisti di riprendere in mano la loro vita. Vediamo quali:

  1. La relazione è finita, ma si fa fatica a crederlo. I protagonisti si rifiutano di credere che la persona amata non condivida più con noi gran parte della nostra quotidianità.
  2. In questa fase si comincia a rendersi conto della fine della relazione. La rabbia può essere rivolta contro se stessi, per non aver fatto funzionare la storia, o contro il patner per averci lasciati. Spesso è rivolta anche contro tutti quelli che vediamo felici, pensando che al loro posto dovremmo esserci noi.
  3. È la fase dei “se”. “E se quella volta mi fossi comportato diversamente? E se potesse esserci un’ulteriore possibilità?” In questa fase si cercano dei modi di ricongiungersi con l’ex partner, rimanendo così ancorati al passato.
  4. Indietro non si può tornare, si prende consapevolezza della fine della relazione. Ci si rifugia così nei ricordi di un passato che è stato anche positivo, soffrendo incredibilmente.
  5. Dopo le prime quattro difficili fasi, ora si diventa consapevoli che indietro non si tornerà. Si custodiscono i momenti positivi della tua storia d’amore, ma è arrivato il momento di dedicarsi a se stessi. Ripensare alla storia finita non trascina più nello sconforto.

Ricominciare a vivere dopo la fine di una relazione

Nella teoria sembra tutto facile, ma a volte il dolore è così insopportabile da non riuscire a credere che prima o poi si supererà. I ricordi della relazione passata tengono costantemente compagnia, al punto da credere che non si sarà mai più felici.

Ecco quindi un piccolo, semplice ma potentissimo esercizio che puoi fare in autonomia per dare spazio al tuo dolore e pian piano farlo defluire.

In una semplice parola: scrivi.

Ogni sera, prima di coricarti, prenditi del tempo (almeno 15 minuti) per mettere nero su bianco i tuoi pensieri, i tuoi ricordi, il tuo dolore. Dev’essere un momento solo per te, il foglio e la penna. Non importa la forma, quanto il contenuto. Lasciati andare, esprimi sul foglio tutto ciò che ti tormenta, i pensieri che durante il giorno ti attanagliano e che cerchi di evitare. Una volta finito, è importante che tu non rilegga quanto hai scritto!

Se ti accorgi che il dolore persiste, prova ad affidarti ad un terapeuta. Anche un solo incontro può bastare!

Ogni martedì dalle 18:00 alle 20:00, gli psicologi del nostro team One Session si rendono disponibili per degli incontri online gratuiti utilizzando la Terapia a Seduta Singola. Per avere maggiori informazioni e prenotare il tuo incontro, puoi contattarci inviando una e-mail a info@onesession.it oppure visitala nostra pagina Fb OneSession.it.

Riferimenti Bibliografici

Pennebaker, J. W. (2017). Il potere della scrittura. Tecniche nuove edizioni.

https://www.psychologytoday.com/us/blog/in-flux/201911/5-tips-respectfully-end-intimate-relationship

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